venerdì 10 agosto 2018

CUI PRODEST? di Orazio Fergnani



CUI PRODEST?

Sappiamo bene chi è Avaaz e che dietro nell'ombra (al solito) che trama ... c'è l'onnipresente Soros... che segue passo, passo le sue multicolori creature...

Questa apparentemente non ha colore.. ma se ce ne avesse uno sarebbe cangiante.. senza definizione... in quanto Avaaz ...fuori da ogni logica comportamentale... sia umana che movimentista ... non segue nessuna logica di scelta d'azione.. ma si butta su ogni occasione demenzial/populista/natural/ambientalista che le capita a tiro per raccogliere frotte di coglionied imbecilli  che credono al primo indizio che capita ... e li si fermano, senza mai andare a scavare un pochino oltre e più a fondo....

Fra le altre considerazioni... che manda in giro queste emerite cazzate (non tanto per il motivo -che  in sè può essere anche nobilissimo e condivisibile...)... ma ci si dovrebbe domandare come sia possibile che questo movimento una decina d'anni fa improvvisamente scaturisce dal nulla assumendo immediatamente una veste da movimento strutturato ed operativo... dotato di mezzi e risorse praticamente senza limiti... immediatamente presente in una decina di paesi al mondo (quelli più importanti) ed insegue una linea che populista, buonista, ambientalista che più non si potrebbe ... e immediatamente cresce esponenzialmente di numero.. questo però senza mai toccare ...neppure accidentalmente di sponda ...i temi drammaticamente importanti e determinanti delle situazioni tragicamente epocali che in questi ultimi anni (e sempre più)... vanno caricando di tensioni la comunità internazionale attuale...

Insomma un movimento di opinione che raccoglie e fagocita al suo interno una banda di incompetenti – dementi nel migliore dei casi... che comunque servono perfettamente ed efficacemenete a distrarre le bovine masse dai catastrofici ed immanenti problemi attuali...

AlbaMediterranea non seguirà mai nessuna indicazione di alcunchè proposto da Avaaz..

Il suo nome è Georges Soros, magnate con doppio passaporto ungherese ed americano, oggi uno degli uomini più ricchi del pianeta. Ad esso è legata la più importante associazione umanitaria del mondo, Avaaz, forte di centinaia di migliaia di seguaci. Ammantandosi del ruolo di paladino della giustizia e della libertà mondiale, Avaaz (sua creatuta) opera in campo internazionale perseguendo, a suo dire, scopi umanitari ed ambientali, volti al miglioramento ed alla "tutela del pianeta in cui viviamo".

Il più fulgido esempio ce lo dà la campagna diffamatoria intrapresa contro il presidente ecuadoregno Correa, colpevole per Avaaz di aver dato vita ad un progetto per trivellazioni petrolifere nel nord est della nazione. Indubbiamente chiunque si imbatta in questi comunicati non esiterebbe a dare credito a dei principi così nobili, nel rispetto degli indigeni che abitano la zona e del contesto naturale in questione. Quello che non ci viene detto, però, è che il governo ecuadoregno è riuscito negli ultimi anni a nazionalizzare le imprese petrolifere, fino a metà dello scorso decennio di proprietà americana, e a stringere importanti accordi con il mostro cinese.

Va detto che finché i giacimenti erano gestiti dagli statunitensi, la questione ambientale non era ancora stata menzionata e così il paesaggio dell’intera nazione è stato deturpato per decenni. Oggi che a controllare i guadagni derivanti dall’oro nero sono i padroni di casa, ecco saltare fuori i veri problemi che fomentano le popolazioni mondiali contro il presidente che ha deciso di restituire al popolo la propria ricchezza. Correa è chiaramente un personaggio scomodo per gli States, vicino alla Cina e colpevole di aver – inizialmente – offerto asilo politico alla mina vagante (e – tuttavia - alquanto imponderabile) Assange. Così è stato escogitato questo terribile piano di diffamazione, legittimato come detto dagli scopi umanitari in quota a tali associazioni.

Guardiamoci bene da questi lavaggi del cervello e prendiamo le distanze da questi specchietti per le allodole, volti a salvaguardare gli interessi del pianeta solo quando questi non collidono con quelli dei paesi amici. Guardiamoci bene da chi profetizza la pace e permette l’invasione della Siria o il mantenimento delle truppe occidentali in Afghanistan. Perché di questo si tratta.

Non facciamoci fregare!

LO STESSO DICASI DI CHANGE .ORG .....

Vedi questo articolo – stralcio ...

In Italia, dove è sbarcata quattro anni fa,  Change.org  ha raggiunto i cinque milioni. Dalla petizione lanciata da Ilaria Cucchi per chiedere l'approvazione di una legge sulla tortura, che finora ha raccolto oltre 232mila adesioni, fino a quella sul referendum costituzionale, alzi la mano chi non ha mai messo una firma su Change.org  nella speranza di fare pressione su questa o quell'istituzione per cambiare le cose. Nel 21esimo secolo, la partecipazione democratica va inevitabilmente verso le piattaforme online. E di fatto non mancano esempi in cui queste petizioni hanno davvero innescato cambiamenti. 

Bastano pochi clic: chiunque può lanciarne una e chiunque può aderirvi. Il problema è: quanti si rendono conto che i dati personali che affidano alla piattaforma firmando le cosiddette “petizioni sponsorizzate” - quelle lanciate dagli utenti che pagano per promuoverle ( 
https://www.change.org/advertise ) - verranno usati per la loro profilazione e venduti? La domanda è cruciale perché si tratta di dati molto sensibili, in quanto associati a opinioni politiche e sociali.

“L'Espresso” può rivelare il prezzario che  Change.org  applica a chi lancia petizioni sponsorizzate: dalle Ong ai partiti politici, che, pagando, acquistano gli indirizzi email dei firmatari. La lista dei prezzi va da un euro e cinquanta per ciascun contatto email, se il cliente ne compera meno di 10mila, fino a 85 centesimi per un numero superiore ai 500mila. Il nostro giornale ha anche chiesto ad alcune delle Ong clienti di Change.org  se è vero che acquistano gli indirizzi email dei firmatari. Alcune hanno risposto in modo troppo vago per non destare interrogativi, altre, come Oxfam, sono state oneste nel confermarlo.

Molti vedono  Change.org  come un'associazione no profit con un'anima progressista. In realtà, è un'impresa sociale “ Change.org  Inc.” creata nel Delaware, paradiso fiscale Usa, e con quartier generale a San Francisco, nel cuore di quella Silicon Valley in cui i dati sono il petrolio. Ed è vero che permette a chiunque di lanciare petizioni in modo gratuito, assolvendo alla funzione sociale di dar voce anche all'ultimo senzatetto, ma fa profitti con le petizioni sponsorizzate, in cui il cliente paga in modo da riuscire a contattare chi ha più probabilità di firmare e di essere disposto a donare soldi nelle campagne di raccolta fondi. Come fa  
Change.org  a saperlo? Ogni volta che sottoscriviamo un appello, accumula informazioni su di noi, profilandoci. E come ha spiegato efficacemente la rivista americana “Wired”, «se voi avete firmato una petizione sui diritti degli animali, l'azienda sa che avete una probabilità 2,29 volte maggiore di firmarne una sulla giustizia. E se firmate una petizione sulla giustizia, avete una probabilità 6,3 volte maggiore di firmarne una sulla giustizia economica, 4,4 volte di firmarne una per i diritti degli immigrati e 4 volte una sull'istruzione».

Chi aderisce a una petizione dovrebbe prima leggere accuratamente le regole sulla privacy, ma quanti lo fanno e quanti capiscono appieno che nel sottoscrivere una petizione sponsorizzata basta lasciare spuntata la voce: “tienimi informato su questa petizione” perché i clienti che l'hanno lanciata possano ottenere da  
Change.org  il contatto email del firmatario dietro pagamento? A confermarci la vendita degli indirizzi email non è solo il prezzario ottenuto da l'Espresso, è anche Oxfam, una delle pochissime Ong che ha risposto in modo completamente trasparente alle nostre domande: «Solo quando i firmatari hanno indicato di voler supportare Oxfam, ci viene richiesto di pagare  Change.org  per i loro contatti», ci spiega l'organizzazione.

Alla nostra domanda di sapere cosa significa esattamente che “i firmatari hanno indicato di volere supportare Oxfam”, l'Ong risponde indicando il piccolo box spuntato con cui chi aderisce alla petizione chiede di restare aggiornato. Né, interpellata da l'Espresso,  
Change.org  ha smentito il prezzario e, anzi, ha confermato che «varia da cliente a cliente e in base al volume degli acquisti», come ci ha spiegato John Coventry, capo della comunicazione di  Change.org , precisando che, una volta che chi firma sceglie di lasciare o comunque lascia spuntato il box, «il suo indirizzo email viene fornito all'organizzazione [che ha lanciato la petizione sponsorizzata, ndr]». Coventry si dice convinto che «la stragrande maggioranza delle persone che scelgono quell'opzione si rendano conto che riceveranno email dall'organizzazione», in altre parole, i firmatari danno il proprio assenso.
 
La nostra identità nel web ha un forte valore e per ogni volta che ci registriamo in un qualsiasi sito o social valiamo dei soldi, siamo mercificati... Sempre. Sono cifre di mercato che le aziende sono disposte a pagare.

Cosa significa firmare una petizione online?. Chi gestisce quel db sensibile? Quali società pagano le spese per i server, l’upgrade di piattaforme, il personale interno....  Ma soprattutto che fine fa la petizione? A chi viene inviata? Chi segue le procedure? Serve a qualcosa?

NON VIENE INVIARO A NESSUNO E NON VA INDIRIZZATA AD ALCUNA ISTITUZIONE
Purtroppo non percorre alcuna strada....

SI FERMA NEI DATABASE DELLA SOCIETA’.

Il nuovo marketing dell’indignanazione, su chi vorrebbe protestare hic et nunc perchè è veramente stufo, perchè vorrebbe una petizione per salvare il proprio posto di lavoro o vorrebbe vedersi riconoscere i propri diritti o perchè è contro la guerra o la TAV e tutte le inutili opere giganto-pubbliche.... Ma ancora non riesce a capire di essere infantilmente manipolato e cretinmente pensa di risolvere problemi incancreniti da secoli di corruzione, delinquenza e quant’altro con battito di un “click”....

Per non essere banalmente raggirati e mazziati basterebbe, quando vi accingete a firmare, verificare di chi è il sito, chi lo gestisce e chi c'è dietro.

Il panorama non è confortante, ecco qui alcuni esempi : http://www.petizionionline.it/ sito della Pressu, una tra le più grande piattaforme di comunicati stampa al mondo http://it.pressu.com .

Offrono servizi alle aziende come qualsiasi agenzia di Pubbliche Relazioni, Ma contano milioni di registrati al mondo “spontaneamente”... Il Pifferaio di Hamelin insegna...

A seguire http://www.firmiamo.it/ operazione di grande successo della DigitalGround di Londra che al loro indirizzo web http://www.digitalground.co.uk/products.php si vantano di essere quelli che sanno come aggregare tanta gente, e quindi grandi target. Un'agenzia di pubblicità.

Così via per tanti tanti altri siti di petizioni che semplicemente non dichiarano chi sono, tipo http://www.petizionepubblica.it/default.aspx oppure http://www.sign4rights.it/pagina-iniziale solo per citarne qualcuno. Just crap!

Una riflessione a parte va fatta per l'imperscrutabile gigante dell'incazzatura e della resistenza in tutto il mondo cioè AVAAZ http://www.avaaz.org/it/ ...

Avaaz vive di donazioni che nel 2009 ammontavano a circa $ 4.000.000. Hanno sede legale nello Stato del Delaware, che è anche la sede legale di oltre la metà delle società quotate alla Borsa di New York e al Nasdaq (dice nulla ai fautori del “Legale Rappresentante?) .

Non si tratta di un vero e proprio stato offshore ma non sono neanche lontani dal diventarlo.

Avaaz ha dichiarato in più occasioni che loro non vendono le banche dati, ma purtroppo hanno avuto seri problemi di sicurezza con i loro server (ma guarda un po’)... e stranamente tanti iniziano a lamentare di ricevere spam dopo aver apposto firme a petizione nel sito.

Non si può.. (E NON SI DEVE!) sostituire il vero impegno sociale e politico con un click.

Sarebbe troppo comodo per i potenti ricevere file con 1 milione di firme senza alcun valore giuridico, da buttare in un secondo nel cestino. Ricordiamoci che Grillo e il futuro movimento 5 stelle hanno raccolto qualche anno fa  350.000 firme vere, con persone in carne ed ossa che hanno presentato la carta d'identità e hanno scritto il proprio nome con una vera penna.

Tutta questa presa di coscienza ed impegno peronle per ora giace in scatoloni nel profondo di qualche cantina.

I potenti se ne fregano di noi,anche in carne ed ossa, figuriamoci quanto sono sensibili alle petizioni online.

Il problema del database dello scontento popolare e la conseguente auto-categorizzazione di se stessi (incazzato per la situazione medio orientale, incazzato per la situazione interna, incazzato perchè si ritiene che la TAV sia uno spreco, incazzato perchè non voglio più qualcuno in qualche posizione pubblica che mi tutela malissimo, sulla libertà di scelta vaccinale) va affrontata seriamente... di persona... eventualmente con i forconi... menando legnate... non con i click!

Cliccando ci consegnamo nelle mani dei nostri peggiori amici, i quali non hanno neanche bisogno di chiederci come la pensiamo.

Abbiamo già firmato tutto di nostra spontanea volontà, e vendute le nostre esistenze future e dei nostri discendenti.

Se non accendete quel po’ di neuroni che sono rimasti sotto il vostro controllo... gli Zombies al confronto  saranno più lucidi, intelligenti e liberi di voi ...

MA FORSE GIA’ LO SONO.

Nessun commento:

Posta un commento