sabato 2 dicembre 2017

CHI PORTO’ GLI SCHIAVI IN AMERICA?... NON E' CAMBIATO NIENTE



CHI PORTO’ GLI SCHIAVI IN AMERICA?

Di Walter White Jr., 1968

La storia degli schiavi d’America inizia con Cristoforo Colombo. Il suo viaggio verso le Americhe non fu finanziato dalla Regina Isabella, ma da Luis de Santangelo, che gli anticipò la somma di 17.000 Ducati (circa 5.000 sterline dell’epoca e circa 50.000 sterline di oggi) per finanziare il viaggio, che iniziò il 3 Agosto 1492.

Colombo era accompagnato da cinque “marrani“ (ebrei che avevano ripudiato la loro religione per diventare apparentemente cattolici), Luis de Torres (interprete), Marco (il chirurgo), Bemal (il medico), Alonzo de la Calle e Gabriel Sanchez (da: The International Jew (l’ebreo internazionale) di Henry Ford).

Gabriel Sanchez, spalleggiato dagli altri quattro ebrei, paventò a Colombo l’idea di catturare 500 indigeni e venderli come schiavi a Siviglia (Spagna), cosa che avvenne.

Colombo non ricevette niente del denaro derivante dalla vendita degli schiavi ma divenne vittima di un complotto orchestrato da Bemal, il medico della nave.

Il premio di Colombo fu patire ingiustizia e galera, tradito dai cinque marrani (ebrei) ai quali aveva dato fiducia e aiuto. Questo fu ironicamente l’inizio della schiavitù nelle Americhe (da: Adventures of an African Slaver (avventure di un negriero africano) di Malcolm Cowley, 1928, pag.11)

Gli ebrei furono espulsi dalla Spagna il 2 Agosto 1492 e dal Portogallo nel 1497. Molti di questi ebrei emigrarono in Olanda dove fondarono la Compagnia Olandese delle Indie Occidentali per sfruttare il nuovo mondo.

Nel 1654, Jacob Barsimson fu il primo ebreo ad emigrare dall’Olanda verso New Amsterdam (New York) e nel decennio successivo molti altri lo seguirono, installandosi luna la costa orientale, principalmente a New Amsterdam e Newport nel Rhode Island.

Ordinanze del Governatore Peter Stuyvesant proibivano loro di eseguire attività nell’economia locale, così scoprirono presto che il territorio abitato dagli indiani sarebbe stata una terra fertile. Non vi erano leggi che proibivano agli ebrei di commerciare con gli indiani.

Il primo ebreo che iniziò a commerciare con gli indiani fu Hayman Levy che importava perline di vetro di basso valore, tessili, orecchini, bracciali e altri ornamenti di basso costo dall’Olanda e che venivano scambiati per pellicce di valore. Hayman Levy venne presto raggiunto dagli ebrei Nicholas Lowe e Joseph Simon.

Lowe concepì l’idea di vendere rum e whiskey agli indiani e creò una distilleria a Newport dove venivano prodotti entrambi i liquori. Nel giro di poco tempo vi erano 22 distillerie a Newport, tutte di proprietà di ebrei, che producevano e vendevano “acqua di fuoco”. La vicenda della corruzione degli indiani ed i relativi massacri da parte dei primi coloni, è una drammatica storia nella storia.

E’ essenziale capire il porto marittimo di Newport. E’ importante per individuare il coinvolgimento ebraico nel commercio degli schiavi. Ci fu un periodo dove esso era comunemente denominato come “ La Newport ebraica – centro mondiale del commercio di schiavi”.

In tutto, a quell’epoca, vi erano in Nord America sei comunità ebraiche: Newport, Charleston, New York, Philadelphia, Richmond e Savannah.

C’erano anche molti altri ebrei sparsi sull’intera costa orientale, sebbene New York era al primo posto come coloni ebrei e Newport il secondo.

New York era anche il luogo di principale provenienza di carne Kasher che riforniva gli insediamenti americani, le Indie Occidentali ed anche il Sud America.

Newport divenne poi il principale e divenne anche il grande porto commerciale della costa orientale del Nord America. Vi si incontravano navi provenienti da altri porti per lo scambio delle merci.

Come già detto prima, Newport rappresentava il luogo più importante per il commercio di rum, whiskey e liquori. E per concludere, divenne il principale centro di traffico di schiavi.

Era da questo porto che le navi salpavano e attraversavano l’oceano per andare a raccogliere il loro carico umano nero e guadagnarne parecchio denaro dalla loro vendita.

Un autentico ed autorevole rapporto contemporaneo afferma che di 128 navi negriere, che ad esempio scaricarono a Charleston nel giro di un anno, il loro carico su 120 di queste era firmato da ebrei di Newport e Charleston col loro proprio nome.

Per quanto riguarda le restanti navi, sebbene entrarono nei porti di Boston, Norfolk e Baltimora, si può presumere che i veri proprietari fossero gli stessi trafficanti ebrei di schiavi di Newport e Charleston.

Si può essere in grado di determinare l’entità dell’intero traffico ebraico di Newport se si considera il coinvolgimento di un ebreo, il portoghese Aaron Lopez che riveste un ruolo importante in tutta la storia degli ebrei e della schiavitù.

Per quanto riguarda l’intero commercio nelle Colonie e nel successivo stato del Rhode Island (che includeva Newport), polizze di carico, concessioni, ricevute e sdoganamenti portuali portavano la firma dell’ebreo Aaron Lopez. Tutto ciò avvenne fra il 1726 ed il 1774. Egli aveva pertanto sotto il suo personale controllo più del 50% di tutti i commerci per oltre 50 anni. A parte questo, egli era proprietario anche di altre navi ma che salpavano sotto altri nomi.

Aaron Lopez e la sua famiglia arrivarono a Newport da New York e proveniente da Lisbona (Portogallo). Lopez arrivò nel nuovo mondo come membro di una famiglia di “Marrani” col nome cattolico di “ Don Duarte Lopez “.

Lopez cambiò immediatamente il nome cattolico con quello ebraico di Aaron e si sottopose alla circoncisione rituale. Nel giro di 20 anni Lopez possedeva o aveva interessi in oltre 80 bastimenti navali. Lopez fu anche uno dei primi fondatori e contribuenti della Sinagoga di Touro e alla fine della sua vita fu riconosciuto come uno dei “Principi del Commercio” dell’America degli albori. I suoi interessi commerciali includevano rum, melassa, merci secche e schiavi africani.

Nel 1749 fu fondata la prima Loggia Massonica. 90% dei membri di questa prima loggia, quattordici, erano ebrei e si sa che venivano accettate solo persone cosiddette “in vista”. Venti anni dopo fu fondata la seconda Loggia “ King David “ ed è un fatto che tutti i suoi membri fossero ebrei.

Nel frattempo l’influenza ebraica a Newport raggiunse proporzioni tali che il Presidente George Washington decise di far loro visita. Al suo arrivo, entrambe le logge massoniche inviarono un loro emissario, un ebreo di nome Moses Seixas, per rivolgersi il Presidente con una petizione nella quale gli ebrei di Newport dichiaravano:

“Se permette i figli di Abramo si rivolgono a lei con una richiesta e dirle che la onoriamo e sentiamo un alleanza. Fino ad ora i preziosi diritti di un libero cittadino sono stati mantenuti. Tuttavia ora vediamo insediarsi un nuovo governo basato sulla sovranità del popolo, un governo che non approva alcun fanatismo e nemmeno la persecuzione degli ebrei ma piuttosto che conceda la libertà di pensiero che chiunque condivide, indipendentemente dalla nazionalità o dalla lingua, come parte della grande macchina di governo“.

Le famiglie di Moses Levy e di Moses Seixas vivevano entrambe in un ampia villa coloniale di Newport al N° 29 di Touro Street. Seixas era un membro fondatore della più antica loggia massonica ebraica del paese (King David a Newport) e Gran Maestro dell’Ordine Massonico del Rhode Island. Seixas era noto come il cassiere della Bank of Rhode Island.

Presidente della Sinagoga di Touro al tempo della visita di George Washington e della lettera alla congregazione, Seixas formò anche la Convenzione della Circoncisione (B’rith Milah).

Il mercante e uomo d’affari in vista Moses Levy di New York e Newport apparteneva ad una delle tante famiglie ebraiche ashkenazite di Newport a quell’epoca.

Levy possedeva la villa in Touro Street e ne cedette la proprietà a Moses Seixas nel 1792.

A questo punto è necessario considerare le rivelazioni su chi in realtà ottenne questa leggendaria libertà in America in occasione della fondazione dell’Unione. La cosa certa è che la provincia divenne indipendente e si separò dalla giurisdizione inglese. Comunque, dalla petizione che Moses Seixas presentò al Presidente Washington a nome degli ebrei di Newport possiamo vedere che in realtà non era questo tipo di libertà che essi avevano in mente. Essi erano più preoccupati per se stessi e per i “loro propri diritti civili” che erano stati negati. Pertanto, in seguito alla guerra rivoluzionaria, agli ebrei furono accordati eguali diritti e liberati da ogni restrizione. E i neri?

Nonostante la guerra rimasero schiavi! Nell’anno 1750 un sesto della popolazione di New York era negroide e nelle zone meridionali del paese essi superarono di numero gli altri ma la proclamazione della libertà non li toccò. Più avanti ne riparleremo.

Il testo della petizione:

“Sir: consenta ai figli della progenie di Abramo di accoglierla con il più cordiale affetto e stima per la vostra persona e per i suoi meriti e di unirci ai nostri concittadini nel darle il benvenuto a Newport.


Privati come lo siamo stati finora degli inestimabili diritti di liberi cittadini, deteniamo finalmente, con un profondo senso di gratitudine al Grande Onnipotente, un governo eletto dalla sovranità del popolo, un governo che non da spazio al fanatismo e nessun aiuto alla persecuzione ma che generosamente consente a tutti la libertà di coscienza e immunità di cittadini ritenendo chiunque proveniente da qualsiasi nazione e lingua di essere parte della grande macchina governativa.

Questa così ampia ed estesa Unione Federale la cui base è la filantropia, fiducia reciproca e virtù pubblica, non possiamo che riconoscerla come essere il lavoro del grande Dio che governa gli eserciti del cielo e fra gli abitanti della terra, facendo ciò che gli sembra buono.

Per tutte le benedizioni della libertà civile e religiosa di cui usufruiamo sotto un amministrazione egualitaria e benevola, desideriamo inviare i nostri ringraziamenti all’Antico dei Giorni al Preservatore degli uomini, implorandolo che gli angeli che hanno guidato i nostri antenati attraverso le terre selvagge nella terra promessa, possano compassionevolmente accompagnarvi attraverso le difficoltà e i pericoli di questa vita mortale e quando come, Joshua, pieno di giorni e di onori, andrà ad unirsi ai suoi padri, possiate voi essere ammesso in paradiso a condividere l’acqua della vita e l’albero dell’immortalità.

Fatto e firmato su ordine della Congreazione Ebraica di Newport,

Rhode Island, 17 Agosto 1790

Moses Seixas, Warden“

Esaminiamo attentamente da vicino questo fosco lavoro che diede agli ebrei influenza e potere, cosi da poter comprendere il commercio degli schiavi; visto che è stato scritto tanto da allora da zelanti scrittore ebrei, che al momento, lungi dall’essere rimosso, potrebbe sembrare naturale considerato che l’elemento tempo ha la tendenza a rendere le cose nebulose. Seguiamo il viaggio di una nave, di proprietà di un mercante di schiavi, Aaron Lopez, che fece diversi viaggi verso la costa africana.

Ad esempio, nel mese di Maggio del 1752, la nave “Abigail” era equipaggiata con circa 9.000 galloni di rum (circa 34.000 litri), una gran quantità di ceppi e catene di ferro per mani e piedi, pistole, polvere da sparo, sciabole ed un sacco di chincaglierie senza valore e sotto il comando del ebreo Capitano Freedman, salpò per l’Africa.

L’equipaggio era composto soltanto da due secondi e sei marinai. Tre mesi e mezzo dopo approdarono sulla costa africana. Nel frattempo era stata allestita un Agenzia Africana, da parte dei mercanti ebrei di schiavi, che li aveva raccolti e preparati per la vendita. Questa organizzazione ben sviluppata in Africa, aveva molte ramificazioni, inclusi i capi dei gruppi, dei villaggi ecc.

Questo metodo per accaparrarsi i servizi dei capi-tribù nel commercio ebraico di schiavi era simile a quello che gli ebrei avevano usato con gli indiani.

All’inizio si presentavano loro con del rum e presto cadevano in un delirio alcolico.

Quando la polvere d’oro e le forniture di avorio si esaurirono furono costretti a vendere i loro famigliari, le mogli e poi le loro proli. Dopodichè iniziarono guerre tribali fra di loro, orchestrate e gestite per lo più dagli ebrei e se venivano catturati dei prigionieri, questi venivano scambiati in cambio di rum, munizioni e armi che a loro volta venivano usati in campagne per catturare altri neri.


I neri catturati venivano legati due a due e condotti dalle selvagge foreste verso la costa. Queste marce forzate richiedevano settimane e molti di loro si ammalavano e cedevano dalla stanchezza. Molti erano incapaci di rialzarsi nonostante l’uso della frusta per indurli a rimettersi in piedi. Venivano lasciati a morire o a essere divorati dalle belve feroci. Non era insolito vedere le ossa dei morti biancheggiare al sole tropicale, un triste e crudele monito per coloro che avrebbero in seguito percorso lo stesso sentiero.

E’ stato calcolato che i neri che riuscivano a superare queste durezze, considerando che c’era ancora il viaggio attraverso l’oceano, prima che raggiungessero il suolo americano, nove su dieci morivano! E se consideriamo che vi era un esodo di UN MILIONE di schiavi neri all’anno, allora, e solo allora, possiamo valutare che cosa rappresentasse l’esodo del popolo africano.

Al momento l’Africa e poco popolata, non tanto a causa del milione di persone letteralmente strappate alle loro capanne, ma per via dei cinque a nove milioni che non raggiunsero mai la loro destinazione. Una volta raggiunta la costa, gli schiavi neri venivano raggruppati insieme e incatenati per tenerli fino all’arrivo della nave successiva.

Gli agenti, molti dei quali ebrei, che rappresentavano il Capo, iniziarono a trattare col capitano. Ogni nero veniva personalmente presentato a questi. Ma i capitani avevano imparato ad essere sospettosi. Il nero doveva muovere le dita, le braccia, le gambe e l’intero corpo per assicurare che non avesse fratture. Perfino i denti venivano esaminati. Se mancava un dente il prezzo scendeva. Molti agenti ebrei sapevano come curare i neri ammalati usando medicine per poi venderli come sani. Ogni nero veniva valutato circa 100 galloni di rum (circa 380 litri), 100 libre di polvere di sparo (circa 45 kili) oppure in contanti fra i 18 e i 20 dollari. Le annotazioni di un capitano ci informano che il 5 Settembre 1763 un nero venne a costare 200 galloni di rum (circa 760 litri) a causa delle varie offerte da parte degli agenti che fecero rialzare il prezzo.

Donne al di sotto dei 25 anni, gravide o meno, avevano lo stesso metro di misura se erano belle e piacenti. Tutte quelle sopra i 25 anni perdevano il 25% del valore.

Va peraltro detto che quei neri che venivano acquistati sulla costa africana per un prezzo che andava dai 20 ai 40 Dollari, venivano poi rivenduti dagli stessi mercanti di schiavi per 2.000 Dollari.

Questo da un idea di come gli ebrei abbiano potuto ammassare così tante ricchezze.

Tramite il baratto, il Capitano Freedman pagava il conto sia con merce che in contanti. Egli ricordò anche alcuni consigli che gli diedero i suoi capi ebrei prima di partire da Newport per l’Africa: “ versa nel rum quanta più acqua tu possa “. In questo modo i capi tribù neri venivano imbrogliati due volte dagli ebrei di Newport!

Il passo successivo era quello di tosare i capelli dei neri catturati. Dopodichè venivano legati e marcati a fuoco, sia sulla schiena che su un fianco in modo da identificarli coi loro padroni.

Ora lo schiavo nero era di proprietà dell’acquirente ebreo. Se scappava veniva identificato. In base alla procedura c’era una celebrazione d’addio. Ad esempio c’erano intere famiglie che venivano portate dall’interno sulla costa e poi separate dal compratore, il padre andava su una nave, i figli e le figlie su un’altra. Queste celebrazioni “d’addio” erano solitamente piene di commozione, lacrime, drammi e tristezza. Il giorno seguente iniziava il trasporto dalla terraferma alla nave. Si trasportavano da 4 a 6 neri alla volta su una barca a remi verso la nave. Ovviamente i mercanti di schiavi sapevano di quanto i neri amassero la loro terra più di qualsiasi altra cosa e non si poteva fare altro che costringerli ad abbandonarla. Così, alcuni neri si tuffavano in acqua. Ma i guardiani erano preparati con cani feroci e ripescavano i fuggitivi. Altri neri preferirono annegare. Chi risaliva a bordo ancora vivo, veniva spogliato. Si presentava allora un'altra possibilità per saltare fuori bordo e raggiungere la terraferma e la libertà. Ma i mercanti di schiavi erano duri e senza pietà, erano più interessati a fare arrivare in America il loro carico nero col minor numero di perdite possibile. Perciò, ad un fuggitivo ripreso venivano tagliate entrambe le gambe davanti agli occhi degli altri neri in modo da restaurare “l’ordine”.

A bordo della nave i neri venivano divisi in tre gruppi. Gli uomini venivano sistemati in una parte della nave. Le donne in un altro, in modo che il voglioso Capitano potesse accedere alle più giovani e alle più avvenenti. I bambini rimanevano sul ponte, coperti da uno straccio durante il cattivo tempo. In questo modo la nave negriera procedeva nel suo viaggio verso l’America. In genere le navi erano troppo piccole e non tutte idonee a trasportare persone. Erano equipaggiate a malapena per trasportare animali ai quali i neri venivano equiparati. In uno spazio alto un metro, queste sfortunate creature venivano sistemate in posizione orizzontale e pigiati insieme. Per lo più erano incatenati fra di loro. In questa posizione dovevano rimanere per tre mesi, fino alla fine del viaggio, Raramente vi era un capitano che simpatizzasse con loro o mostrasse un minimo di pietà per queste povere creature. Di tanto in tanto venivano portati a gruppi sul ponte per respirare aria fresca, sempre incatenati.

In qualche modo questi neri erano sacrificabili e soffrirono molto. Talvolta uno impazziva uccidendo l’altro che gli stava appiccicato. Venivano loro tagliate le unghie in modo che non si graffiassero e si lacerassero fra di loro.

Le lotte più orribili avvenivano fra uomini per acquisire un centimetro o due di spazio più comodo. Era allora che il guardiano degli schiavi arrivava con la frusta. E’ impossibile descrivere l’orrore inimmaginabile degli escrementi umani nei quali vivevano queste persone durante il loro viaggio.

Nei locali delle donne prevalevano le stesse condizioni. Esse davano alla luce i bambini restando coricate appiccicate una all’altra. Le nere più giovani venivano costantemente violentate dal capitano e dall’equipaggio dando inizio ad un nuovo tipo di mulatti non appena arrivavano in America.

In Virginia, o in qualsiasi altra città portuale meridionale, gli schiavi venivano trasferiti sulla terra e venduti immediatamente. Aveva luogo una regolare asta, seguendo il metodo di acquisto in Africa. Chi offriva di più otteneva “la merce”. In molti casi, a causa dell’indescrivibile mancanza di igiene, c’erano neri che si ammalavano durante il viaggio dall’Africa all’America. Diventavano inutilizzabili. In tal caso il capitano accettava qualsiasi prezzo. Era raro affidarli a qualcuno perché nessuno voleva comprare un nero ammalato, così non c’è da sorprendersi quando un medico ebreo senza etica intuiva una nuova forma di guadagno, acquistando il nero malato per una cifra bassa, lo curava e poi lo vendeva per una cifra importante. A volte il capitano veniva lasciato con alcuni neri per quali non trovava un acquirente. In quel caso ritornava a Newport e li vendeva agli ebrei per lavori domestici poco pagati. In altri casi il proprietario ebraico delle navi se ne impadroniva lui stesso. E’ questo il motivo per il quale nella città di Newport e nei suoi sobborghi vi erano 4.697 schiavi neri nel 1756.

La schiavitù non si estese al Nord. Inoltre, in molte colonie nordamericane, la schiavitù era strettamente proibita. La Georgia venne messa in discussione, probabilmente anche Filadelfia. E ancora una volta furono gli ebrei a trovare un sotterfugio che aveva dato loro la libertà a seguito della guerra rivoluzionaria e che ora stavano elaborando per rendere legale il commercio degli schiavi.

Bastava soltanto leggere i nomi di quelle persone a Filadelfia che richiedevano la eliminazione delle leggi esistenti sul commercio degli schiavi. Essi erano gli ebrei: Sandiford, Lay, Woolman, Solomon e Benezet.

Questo spiegava tutto! Ma ritorniamo alla nave degli schiavi “Abigail”. Il suo capitano, e lo leggiamo dal suo diario di bordo, fece notevoli guadagni. Vendette tutti i suoi neri in Virginia, investì del denaro in tabacco, riso, zucchero e cotone e ritornò a Newport dove immagazzinava le sue merci.

Apprendiamo dal diario del Capitano Freedman che la “Abigail” era una piccola nave e poteva ospitare solo 56 persone. Riuscì tuttavia a guadagnare in un solo viaggio 6.621 Dollari che consegnò al proprietario della nave: tale Aaron Lopez

Le sorprendenti somme di denaro acquisite dai proprietari ebrei delle navi e dai trafficanti di schiavi vengono meglio illustrate quando mettiamo in evidenza i molti anni durante i quali questi acquisti e vendite di carne umana furono praticati.

Prima del 1661 tutte le colonie avevano leggi che proibivano la schiavitù. Fu proprio in quell’anno che gli ebrei divennero abbastanza potenti da determinare l’abrogazione di queste leggi e così la schiavitù iniziò in modo serio.

Gli ebrei avevano capito che i coloni avevano bisogno di ulteriore mano d’opera per fare i lavori di bonifica dei campi, per la costruzione di case ed in generale per effettuare i raccolti. Ciò era particolarmente vero negli stati del Sud ai quali ci riferivamo prima. I sudisti avevano ampie zone di suolo fertile adatto al riso, cotone, tabacco e canna da zucchero. All’inizio venivano reclutati gente povera di origine europea. Le porte delle prigioni inglesi furono aperte e prigionieri di guerra dall’Inghilterra e dall’Olanda furono portati nelle colonie, fatti lavorare finché avevano ripagato il costo del loro trasporto via nave e poi lasciati liberi.
Non ci volle molto per un ebreo scoprire ciò che stavano facendo i suoi fratelli, così un gruppo di ebrei si installò a Charleston (Carolina del Sud) dove impiantarono distillerie per fare rum e whiskey. Anche loro impararono che potevano trattare con i nativi della costa occidentale dell’Africa in cambio di avorio, così diverse navi furono acquistate ed inviate in Africa, commerciando le solite perline di vetro e chincaglieria senza valore in cambio di avorio il quale, tuttavia, richiedeva poco spazio a bordo della nave. Capitò che questi mercanti ebrei riuscirono a rifornire le piantagioni del Sud con “avorio nero” (cioè schiavi neri), richiesto in condizioni paludose e malariche che la mano d’opera europea non tollerava senza ammalarsi e che avrebbe riempito gli spazi vuoti della nave, portando loro enormi profitti.

Questo stesse persone cercarono in partenza di vendere gli indiani come schiavi ma li trovarono completamente inidonei in quanto gli indiani non tollerano questo tipo di lavoro. Così un altro segmento del commercio di schiavi era diventato attivo e remunerativo lontano da Charleston nella Carolina del Sud. Diversi carichi di schiavi neri furono inviati dalla Compagnia delle Indie Occidentali a Manhattan.

A quell’epoca vi era un certo numero di proprietari di piantagioni stabilitisi nelle Indie Occidentali e due ebrei, Eyrger e SayUer, con forti legami con i Rotschild in Spagna, fondarono un agenzia chiamata ASIENTO che più tardi operò in Olanda e in Inghilterra. Fu tramite questi contatti che gli ebrei in Olanda e in Inghilterra esercitavano la loro influenza e questi stessi contatti aiutarono gli ebrei a rifornirsi di schiavi neri per i coloni.

Con la cattura ed il trasporto annuale di un milione di schiavi neri non è difficile immaginare che tra il 1661 ed il 1774 (centotredici anni) circa 110 milioni di schiavi sono stati sradicati dalla loro terra natia, ma solo il 10%, cioè circa 11 milioni di schiavi neri, raggiunsero vivi le colonie.

Abbiamo parlato della piccola nave “Abigail” che poteva ospitare solo 56 persone sebbene i profitti su ogni viaggio erano enormi con poco o niente investimento.

Vi erano molte altre navi ma qui ci concentreremo solo su alcune, come “La Fortuna”, “Hannah”, “Sally” o “Venue” che anch’esse fecero grossi guadagni.

“La Fortuna” poteva trasportare ad ogni viaggio 217 persone. Il proprietario ad ogni viaggio guadagnava non meno di 41.438 Dollari. Questi erano dollari che i trafficanti di schiavi “potevano tenere” e questi dollari avrebbero in seguito fruttato molto di più.

Se consideriamo che gli ebrei di Newport possedevano circa 300 navi negriere, attive senza interruzioni, facenti scalo a Newport, Charleston (o in Virginia) possiamo solo immaginare quale poteva essere l’enorme guadagno per i proprietari ebrei delle navi.

Infatti gli ebrei stessi ammettono che di 600 navi, che salpavano dal porto di Newport per andare in tutto il mondo, “almeno la metà di esse” andavano in Africa e noi sappiamo bene che cosa andassero a cercare in Africa queste navi.

Il fatto che Aaron Lopez avesse il controllo di oltre la metà di tutti i traffici commerciali nelle colonia del Rhode Island, a Newport, è cosa nota. Il noto rabbino Morris A. Gutstein, nel suo libro “La Storia degli Ebrei a Newport”, tenta di rimuovere questi fatti, sostenendo che non ci sono prove che gli ebrei fossero collegati al traffico di schiavi. E’ quindi cosa imperativa dimostrare che gli ebrei erano invece collegati con tale traffico, specialmente dal momento che questo rabbino insiste sul grande contributo da loro dato e su come la città di Newport divenne un luogo “benedetto” grazie alla loro presenza.

Morris A. Gutstein ci consentirà sicuramente di presentare i fatti che egli non poté ritrovare.

Riferendoci ad una relazione della Camera di Commercio della Colonia del Rhode Island dell’anno 1764, troviamo, ad esempio, che nell’anno 1723 “alcuni mercanti di Newport” concepirono l’idea di inviare il loro rum, prodotto a Newport, verso la costa africana. Si sviluppò una tale esportazione che in pochi anni “diverse migliaia di botti” di rum se ne andavano verso quella destinazione.

A quale scopo serviva questo rum?

Il Carnegie Institute di Washington, D.C., mostra e rende pubblici documenti originali dal titolo “ Documenti Illustrativi della Storia del Commercio degli Schiavi in America “.

Desideriamo esporre alcuni fatti di questa particolare collezione di documenti originali e vagliarli da vicino e non per provare che il menzionato rabbino Morris A. Gutstein era in errore.

In questa collezione del primo istituto americano della conoscenza, noi valutiamo il tema “Rhode Island” che contribuì alla maggior parte di documentazione pubblica riguardante il traffico degli schiavi.

Qui troviamo documentati i contenuti delle numerose lettere di navigazione, lettere inviate ai mercanti di schiavi e corrispondenza inviata ai capitani delle navi il cui 15% ebrei erano ebrei che vivevano a Newport.

Tra questi troviamo ad esempio l’ebreo Isaac Elizar. Egli scrisse una lettera al Capitano Christopher Champlin il 6 Febbraio 1763 dicendo che voleva essere un agente per un carico di schiavi. Poi segue l’ebreo Abraham Pereira Mendez e uno dei principali trafficanti di schiavi Jacob Rod Rivera, il suocero di Aaron Lopez. Poi c’è lo stesso Aaron Lopez e moltissimi altri ebrei.

Sebbene abbiamo citato varie volte Aaron Lopez, la mole di questa documentazione ci limita e non possiamo descrivere tutti coloro che hanno scritto in merito al commercio degli schiavi, i loro nomi e le date, ma piuttosto desideriamo studiare la documentazione dello stesso “Carnegie Institute” tenendo sempre presente Aaron Lopez. Vogliamo vedere qual’era l’obiettivo principale di questo ebreo e di che cosa si occupava. Questo è dovuto al fatto che il Rabbino Morris A. Gutstein lo descrive come un “nobile e fine cittadino di Newport” , molto generoso e che contributi notevolmente al benessere.

In un vasto numero di scritti pubblicati originali nel Carnegie Institute, rileviamo che Aaron Lopez commerciava tantissimo in rum con la costa africana in cambio di schiavi.

I fatti irrefutabili sono i seguenti:

- 22 Giugno 1764, una lettera del Capitano William Stead ad Aaron Lopez

- 22 Luglio 1765, una lettera di Aaron Lopez al Capitano Nathaniel Briggs

- 22 Luglio 1765, una lettera al Capitano Abraham All

- 4 Febbraio 1766, una lettera al Capitano William Stead da Aaron Lopez

- 7 Marzo 1766, un lettera dal Capitano William Stead ad Aaron Lopez

- 20 Febbraio 1766, una lettera da Aaron Lopez al Capitano William Stead

- 8 Ottobre 1766, una lettera dal Capitano William Stead ad Aaron Lopez

- 9 Febbraio 1767, una lettera dal Capitano William Stead ad Aaron Lopez

A parte questo, vi sono affermazioni simili nelle lettere originali spedite da Aaron Lopez ai Capitani Henry de Cruger, David Mill, Henry White, Thomas Dolbeare e William Moore.

Infatti, una lettera spedita dal Capitano William Moore ad Aaron Lopez and Company è particolarmente rivelatrice e speciale su questo punto. Vogliamo mettere in evidenza in principale contenuto di questa lettera scritta dal Capitano Moore:

“Desidero informarla che la sua nave “Ann” ha attraccato qui l’altra notte con 112 schiavi, di cui 35 uomini, 16 giovani adulti, 21 bambini, 29 donne, 2 ragazze e 9 bambine.“

La data della suddetta lettera è il 27 Novembre 1773. Per mancanza di spazio non abbiamo portato a termine i brani e gli estratti gentilmente fornitici dal Carnegie Institute.

Il 29 Novembre 1767, l’ebreo Abraham Pereira Mendez che era stato truffato da uno dei suoi, a Charleston, dove aveva soggiornato per meglio controllare il suo carico umano, scrisse ad Aaron Lopez a Newport:

“Questi neri che mi sono stati forniti dal Capitano Abraham All erano in condizioni così pietose a causa del trasporto che ho dovuto vendere 8 ragazzi e ragazze per sole 27 Sterline, altri 2 per 45 Sterline e 2 donne per 35 Sterline ciascuna“ (Denaro inglese, senza dubbio)

Abraham Pereira Mendez era molto adirato ed accusò Aaron Lopez di “truffa”. Questa lettera ci dice che questo cittadino di Newport fine e generoso era insaziabile nella sua avidità per il denaro, lo stesso che il Rabbino Morris A. Gutstein presentava come un nobiluomo. I neri per lui non erano altro che merce.

In tutte le lettere pubblicate dal Carnegie Institute, si nota la mancanza di umanità per i poveri schiavi neri. La mancanza di sentimento e compassione per questi poveretti nelle mani dei loro trafficanti ebrei, la si può leggere nel diario di un capitano che comandò una nave di proprietà di Aaron Lopez. Esso riguarda un viaggio dalla costa africana a Charleston. Inoltre si tratta di documenti autentici, pubblicati dal Carnegie Institute di Washington, che richiamano l’attenzione su un organizzazione della quale fino ad ora si sapeva ben poco o niente. Non c’è quindi da meravigliarsi se i fatti intrapresi dagli ebrei americani nel commercio degli schiavi possono essere di fatto considerati un loro monopolio, sconosciuto agli americani non ebrei, incluse le masse nel mondo. Altri invece, informati dei fatti, avevano buone ragioni per tacere.

Il Capitano di un’altra nave, la “Othello”, fra le altre cose, fa i seguenti appunti sul diario:

- 6 Febbraio: un uomo annegato durante le operazioni di carico

- 18 Marzo: due donne si sono gettate in mare perché non erano state legate

- 6 Aprile. un uomo morto di dissenteria

- 13 Aprile: una donna morta di dissenteria

- 7 Maggio: un uomo morto di dissenteria

- 16 Giugno: un uomo ucciso da Kap Henry

- 21 Giugno: un uomo ucciso da James Fluss

- 5 Luglio: una donna morta di febbre

- 6 Luglio: una ragazza, ammalata da due mesi, è morta

Questa nave è stata in mare per cinque mesi. Quale terribile ed indicibile sofferenza è stata per questi milioni di neri che furono strappati con la forza bruta dalle loro capanne, ammassati insieme, come animali sotto il ponte della nave e poi venduti con meno scrupoli che nella vendita di un capo di bestiame, comprati per pochi dollari e rivenduti per la somma di 2.000 Dollari.

Alcuni neri, riuscendo ad insorgere, poterono prendere il controllo di qualche nave, girare le vele e ritornare verso la loro patria africana. L’equipaggio di una nave, la “Three Friends”, ad esempio, torturò i neri a bordo in modo tale che i neri si ribellarono in modo sanguinoso. Uccisero il capitano e tutta la ciurma, gettando poi in cadaveri in mare. Dopodichè si diressero verso l’Africa da dove era appena stata tolta loro la libertà.

Un simile destino toccò alla nave negriera “Amistad”. Fra gli schiavi c’era il figlio del capo di una tribù nemica. Una volta che la nave fu in navigazione egli progettò con i suoi compagni di aggredire la ciurma della nave. In seguito ad una sanguinosa battaglia riuscirono a catturare il capitano della nave. Il capo dei neri lo obbligò a dirigersi verso l’Africa, poi nella sera, complice l’oscurità, cambiò rotta, zig-zagando per mesi finché non arrivò vicino alla costa americana ed incrociò una nave governativa. Questo accadde nell’anno 1839 quando il commercio degli schiavi era già proibito ed illegale.

Gli schiavi neri furono liberati ed il capitano punito. Questi viaggi marittimi non erano senza rischi quando trasportavano carichi di neri, il che spiega perché gli ebrei quasi sempre assumessero capitani non ebrei.

I mercanti di schiavi preferivano restare nei loro uffici a contare i loro grassi introiti di ogni viaggio, come Aaron Lopez, che lasciò ai suoi eredi una delle più grandi fortune nell’area del New England.

Quando si riesaminano i fatti documentati ivi contenuti, è importante ricordare che un capitano che non perdeva più di 9 schiavi su 19 durante il viaggio di ritorno, era un capitano fortunato.

Va altresì ricordato che queste povere creature nere dovevano giacere nei loro stessi escrementi per tutto il viaggio. Provate a pensarci! Non c’è da meravigliarsi se le malattie chiedevano un così alto tributo. Ricordate le cifre: circa 110 milioni di neri catturati e strappati alla loro terra madre, l’Africa, e soltanto 11 milioni di questi schiavi neri raggiunsero le Colonie vivi.

E gli ebrei stanno lì a parlare dei tedeschi e di Hitler e di come 6 milioni di ebrei furono sterminati durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa è la più grande bugia mai perpetrata sull’intera umanità, mentre la storia degli schiavi neri è ben documentata.

Documentata con VERITA’. Le prove sono ancora disponibili per coloro che al mondo vogliono vedere.

Il “Carnegie Institute of Technology” si trova a Pittsburgh, in Pennsylvania.

Non appena questa documentazione verrà distribuita, arrivando infine nelle mani degli ebrei, le prove verranno probabilmente rimosse e distrutte, fino alla totale eliminazione di tutta la documentazione che li danneggia. Gli ebrei si sono impegnati in questa pratica per secoli.

Tuttavia, la verità, quella che sostiene i fatti, non può essere nascosta per sempre e molte altre verità stanno per essere scoperte da coloro di noi che intendono liberare l’America da questi figli del diavolo: gli Ebrei.

La documentazione pubblicata, qui contenuta, è stata fornita dal Carnegie Institute of Learning, attualmente conosciuto come “ The Carnegie Institute of Technology “.

Quella che segue è una lista parziale delle navi negriere possedute da ebrei:

- “Abigail” di Aaron Lopez

- “Crown” di Isaac Levy e Nathan Simpson

- “Nassau” di Moses Levy

- “Four Sisters” di Moses Levy

- “Anne & Eliza” di Justus Bosch e John Abrams

- “Prudent Betty” di Henry Cruger e Jacob Phoenix

- “Hester” di Mordecai e David Gomez

- “Elizabeth” di David e Mordecai Gomez

- “Antigua” di Nathan Marston e Abram Lyell

- “Betsy” di Wm. De Woolf

- “PoUy” di James de Woolf

- “ White Horse” di Jan de Sweevts

- “Expedition” di John e Jacob Rosevelt

- “Charlotte” di Moses e Sam Levy e Jacob Franks

- “Caracoa” di Moses e Sam Levy

Altri vascelli che contrabbandavano neri e posseduti da ebrei erano: “La Fortuna”, “Hannah”, “Sally” e “Venue”.

Alcuni degli ebrei di Newport e Charleston coinvolti nella distillazione o nel commercio di schiavi, o entrambi, erano: Isaac Gomez, Hayman Levy, Jacob Malhado, Naphtaly Myers, David Hart, Joseph Jacobs, Moses Ben Franks, Moses Gomez, Isaac Dias, Benjamin Levy, David Jeshuvum, Jacob Pinto, Jacob Turk, Daniel Gomez, James Lucana, Jan de Sweevst, Felix (cha-cha) de Souza (conosciuto come il “Principe degli Schiavisti” e secondo solo ad Aaron Lopez), Simeon Potter, Isaac Elizer, Jacob Rod, Jacob Rodrigues Rivera, Haym Isaac Carregal, Abraham Touro, Moses Hays, Moses Lopez, Judah Touro, Abraham Mendes e Abraham All.

Di circa 600 navi che salpavano dal porto di Newport, più di 300 erano impegnate nel commercio degli schiavi. Un carico tipico della nave “La Fortuna” era di 217 schiavi che costavano circa 4.300 Dollari ma venivano rivenduti per 41.438 Dollari

Solo il 10% dei capitani delle navi era ebreo, non volendo assoggettarsi ai rigori che provenivano da viaggi di 6 mesi. Essi preferivano restarsene a casa a continuare le loro attività di distillazione continuando a fornire rum e whiskey agli indiani per molti anni e con grandi profitti.


DOCUMENTAZIONE DI RIFERIMENTO


- Elizabeth Donnan, 4 Volumi di documenti illustranti la storia del commercio di schiavi verso l’America, Washington, D.C., 1930-1935

- “Carnegie Institute of Technology”, Pittsburgh, Pennsylvania

- “Avventure di uno schiavista africano”, di Malcolm Cowley, 1928. Pubblicato da Albert e Charles Bori, New York

- “La storia degli ebrei a Newport”, del Rabbino Morris A. Gutstein

- “Gli ebrei scoprono l’America” di Cthmar Krainz

- “L’ebreo internazionale”, di Henry Ford

- “Il complotto contro la chiesa”, di Maurice Pinay

- “Protocollo per la conquista del mondo”, 1956, della Conferenza Centrale dei Rabbini Americani.

- “Dietro al comunismo”, di Frank L. Britton

Non possiamo intraprendere nemmeno un breve cenno di storia dell’ebreo moderno senza prendere nota di un fenomeno che ha confuso le società del Gentili (non ebrei) per venti secoli. Si tratta dell’abilità del popolo ebraico di mantenere collettivamente la loro identità nonostante secoli di esposizione alla civilizzazione cattolica. A qualsiasi studente di giudaismo, oppure agli ebrei stessi, questo fenomeno viene parzialmente spiegato dal fatto che il giudaismo non è principalmente una religione, non una questione razziale e nemmeno un semplice fatto di nazionalità. Ma è un insieme di tutti e tre, una specie di trinità.

Il giudaismo viene meglio descritto come una nazionalità costruita sui pilastri gemelli della razza e della religione. Tutto ciò è strettamente legato ad un altro aspetto del giudaismo, cioè il mito della persecuzione. Fin dalla sua apparizione nella storia, troviamo che gli ebrei divulgano l’idea di essere un popolo perseguitato e maltrattato, e questa idea è ed è sempre stata centrale nel pensiero ebraico. Il mito della persecuzione è il mastice e il collante del giudaismo, senza di esso gli ebrei avrebbero già cessato di esistere da molto tempo, a dispetto della loro nazionalità razial-religiosa.

E’ comunque vero che il popolo ebraico ha vissuto numerose sofferenze nel corso della storia, ma è altrettanto vero che ciò capitò anche ad altri popoli. La differenza è che gli ebrei si sono segnati il punteggio, facendo della persecuzione una tradizione.

Un casuale massacro di migliaia di cattolici, dopo 50 anni non viene più commemorata da nessuno, ma uno sgarbo fatto ad alcuni ebrei viene ricordato per sempre nelle storie ebraiche.

E non raccontano le loro disgrazie soltanto a se stessi ma anche a tutto un mondo solidale.

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