OSTIA
E DINTORNI
Il
litorale romano sembra stia tornando a vivere una vera e propria
stagione d’oro, anche se, diciamocelo pure, un po’ in ritardo con
gli appuntamenti della bella stagione.
Le
calde giornate estive e quelle tiepide autunnali hanno lasciato il
posto a fredde e ventose giornate invernali. La novità non sta
pertanto nel clima e nella fruizione di dì assolati ma, nel gran
baccano mediatico che si sta facendo attorno alla cittadina balneare.
“Qualcuno” ha scoperto che ad Ostia criminalità e degrado la
fanno da padrone e, animato da un improvviso afflato di “iustitia”,
ha deciso che la cosa dovesse finire lì. D’improvviso la cittadina
litoranea è divenuta teatro di manifestazioni, marcette, defilè,
con tanto di “sindaca” in testa ed ora anche una sovrabbondante
presenza di tutori di Forze dell’Ordine in gran dispiegamento.
Qualcuno aveva addirittura proposto la presenza dell’esercito nelle
vie di Ostia ma, al nostro Prefetto la cosa è sembrata un po’
troppo eccessiva anche in questa grave situazione, preferendosi
l’adozione di una “linea dura”
sostanziale,
esplicitata in una massiccia presenza di tutti i rappresentanti delle
Forze dell’Ordine su quel territorio. “Ostia è mafiosa”,
“Ostia è violenta”, nei suoi quartieri-dormitorio si annidano
centrali di oscuri traffici di armi e droga. “Mio Dio” urlano le
vocette stridule dei buonisti e dei giustizialisti dell’ultima ora.
E già. Perché se non ve lo foste dimenticato, cari i nostri
sceriffotti, Ostia con i suoi problemi esiste da molti decenni.
Quella che, da algida cittadella balneare del Ventennio, negli anni
del boom economico, era stata impostata a città da set
cinematografico, dotata un ampio skyline di eleganti stabilimenti
balneari, affiancato da ampi spazi vuoti e da costruzioni in stile
razionalista e modernista, realizzati quasi su una falsariga
holliwoodiana. Il tutto circondato dal muro verde della Pineta di
Castelfusano e della prospiciente riserva presidenziale. Aree verdi e
silenziose, lunghe spiagge orlate da macchia mediterranea,
costruzioni moderne e stabilimenti eleganti oltre ad un suggestivo
parco archeologico, avrebbero fatto di Ostia e delle vicine cittadine
del litorale come Torvaianica e Fiumicino, un vero e proprio “buen
retiro” per i romani ed una gradevole sosta per le moltitudini di
turisti in visita alla Città Eterna. Invece…. con gli anni e con
le giunte di centro-sinistra che governavano il Paese intero, si è
proceduto ad una graduale opera di brutalizzazione dell’intero
contesto del litorale romano. Al posto delle raffinate architetture
Liberty e Razionaliste si è voluto cementificare ed edificare a
ritmo di vertigine nel nome di un’edilizia “popolare” che, di
tale poco o nulla aveva, se non il fatto di averci ficcato
frettolosamente tante, troppe famiglie di meno abbienti a cui
venne propinata l’illusione di vivere in un contesto “popolare”
e “moderno” ma che, presto avrebbe rivelato il suo vero lato di
gabbie di squallore ed alienazione.
Speculazione,
fretta, incuria, fecero ben presto del litorale romano una zona
sporca e degradata. Le spiagge sovraffollate ed inquinate, le
costruzioni fatiscenti, lasciate a sé stesse, l’abusivismo ed
altri mali, costituirono il naturale humus per lo sviluppo di
situazioni di marginalità e di degrado sociale. La Ostia di “Amore
tossico”, ma anche quella della froceria delle spiagge libere e
dell’Idroscalo di Pasolini, divennero il simbolo del degrado di un
Paese intero che, nel seguire le suggestioni della sinistra
progressista, si era messo sulla china di una irrefrenabile
putrefazione economica e sociale. D’altronde, negli splendidi anni
del suo governo in coabitazione con la Diccì, la Sinistra, come
sempre d’altronde, aveva fatto suo l’ideale che bello fosse il
brutto, lo sporco, il cattivo.
Una
concezione che, anche nella cinematografia, aveva trovato i propri
degni epigoni. I Nino Manfredi, gli Alberto Sordi, le Anna Magnani ed
altri ancora, erano gli eterni perdenti della vita, i furbetti, gli
sfigati, i deformi, in questo accontentando quella concezione
malaticcia dell’esistenza che, tuttora ed oggi più che mai,
accomuna cattolici e progressisti. Uscimmo dalla guerra perdenti e
tali dovevamo rimanerlo. “Ladri di biciclette” non solo
politicamente, ma anche e specialmente in quella formazione
culturale, che dovrebbe plasmare l’individuo da atomo elementale di
una massa informe a Popolo cosciente dei propri diritti e che,
invece, fece proprio il contrario, per la gioia e la letizia dei
nostri padroni d’Oltreoceano. “Ladri di biciclette”, rinchiusi
in grigi palazzoni senz’anima, nel nome di un’esistenza
degradata, alienante, senza sbocchi umani e lavorativi, che non
fossero l’alternativa tra un duro sfruttamento e la raccomandazione
e pertanto esposti a qualsiasi pulsione atta al travisamento ed
all’abbattimento di regole oramai logore e senza senso…E vi
meravigliate tanto che ad Ostia vi siano criminalità, mafia o
quant’altro? Suvvia, miei cari, piccoli, ipocriti, smettetela di
battervi il petto, smettetela di additare al mostro il primo
malcapitato, povero malfattore e provate a farvi un esame di
coscienza ed assumervi le vostre tremende responsabilità. Richiesta
questa che, sicuramente cadrà nel vuoto.
Il
problema è che, quando hanno visto che, elettoralmente parlando,
Ostia rappresenta un po’ la metafora di quello che potrebbe tra un
po’ accadere a livello nazionale, quando hanno visto che forze
politiche non conformi come Casa Pound, hanno cominciato ad insidiare
quelli che, loro credevano essere esclusivi domini fonti di eterne
rendite elettorali, lì i nostri signorini hanno scoperto l’esistenza
del crimine e del male ed hanno ricominciato a fare ciò che meglio
sanno fare, cioè levare alti strilli e coretti di indignazione. Ma,
probabilmente strillare ed urlare servirà a poco o, comunque,
costituirà unicamente un palliativo per distrarre lì per lì.
Stavolta
il limite è stato superato e la gente non ne può più.
Sappiatelo
dunque e prendetene atto: le vostre “gioiose macchine da guerra”
si sono impallate, il meccanismo del consenso facile e quasi totale
si è bloccato sulle vostre contraddizioni, sulle vostre sfacciate
ingiustizie, sul vostro rapace e sfacciato attentare alla vita ed al
benessere di una comunità nazionale. Imporre governi non eletti,
tasse, gabelle, sanzioni, prezzi alti, sfrattare, sfruttare,
importare masse di stranieri per sostituire la mano d’opera
nostrana, imporre cure, vaccini, controlli e spacciarlo quale
successo, tutto questo non può durare.
Dove
questo malcontento porterà, ancora non si può dire ma, statene
certi,un primo passo in direzione del recupero di quella tanto
agognata e perduta sovranità, si sta silenziosamente compiendo ed i
risultati non tarderanno ad arrivare.
UMBERTO
BIANCHI
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