martedì 31 ottobre 2017

Discorso sulla Costituzione del 10 maggio 1793 di MASSIMILIANO ROBESPIERRE

Discorso sulla Costituzione del 10 maggio 1793
di MASSIMILIANO ROBESPIERRE

L’uomo è nato per la felicità e la libertà e dovunque è schiavo e infelice. La società ha per scopo la conservazione dei suoi diritti e il perfezionamento della sua personalità; e dovunque la società lo degrada e lo opprime. E’ arrivato il tempo. E’ arrivato il tempo di ricordarlo ai suoi veri destinatari: i progressi ella ragione umana hanno preparato questa grande rivoluzione, spetta a voi ora in modo particolare il compito di accelerarla.

Per adempiere alla vostra missione dovete fare precisamente il contrario di ciò che è esistito prima di voi.

Fino ad ora l’arte di governare è stata l’arte di derubare e di asservire un grande numero di persone a vantaggio di un piccolo numero di persone e la legislazione è stata il mezzo per trasformare questi soprusi in sistema. I re e gli aristocratici hanno fatto molto bene questo mestiere; spetta ora a voi di fare il vostro, ovvero di rendere, per mezzo delle leggi, gli uomini felici e liberi.

Dare al governo la forza necessaria per ottenere che i cittadini rispettino sempre i diritti dei cittadini e che neppure il governo stesso possa violarli; ecco, a mio avviso, il doppio problema che il legislatore deve cercare di risolvere. Il primo mi sembra molto facile. Quanto al secondo, si sarebbe tentati di considerarlo insolubile se si consultassero solo gli avvenimenti passati e presenti senza risalire alle loro cause.

Percorrete la storia, troverete dappertutto i funzionari opprimere i cittadini e il governo divorare il potere. I tiranni parlano di sedizione quando il popolo osa lamentarsi di come vanno le cose, quando l’eccesso di oppressione gli restituisce la sua energia e la sua indipendenza. Piacesse a dio che potesse conservarla per sempre! Ma il regno del popolo dura un giorno; quello dei tiranni abbraccia la durata dei secoli. Dopo la rivoluzione el 14 luglio 1789 e soprattutto dopo quella del 10 agosto 1792, ho sentito parlare molto spesso di anarchia; io affermo che la malattia dei corpi politici non è l’anarchia, bensì il dispotismo e l’aristocrazia. Io trovo, qualunque cosa ne abbiano detto, che solo a partire da quest’epoca tanto calunniata abbiamo avuto un inizio di legge e di governo nonostante i torbidi che sono soltanto le ultime convulsioni della regalità moribonda e la lotta di un governo sleale contro l’eguaglianza.

L’anarchia ha regnato in Francia a partire da Clodoveo sino all’ultimo dei Capeto. Che cos’è infatti l’anarchia se non la tirannia che fa scendere dal trono la Natura e la legge per collocarvi degli uomini?

I mali della società non vengono mai dal popolo, ma dal governo. E come potrebbe essere diversamente? L’interesse del popolo è il bene pubblico; l’interesse degli uomini di potere è un interesse privato. Per essere buono il popolo non ha che da preferire sé stesso a chi non è popolo; per essere buono un magistrato deve sacrificare se stesso al popolo.

Se mi degnassi di rispondere a dei pregiudizi assurdi e barbari, osserverei che il potere e l’opulenza generano l’orgoglio e tutti i vizi; mentre il lavoro, la modestia, la povertà sono i guardiani delle virtù; che le aspirazioni dei deboli tendono alla giustizia e alla protezione di leggi benefiche, mentre le passioni dell’uomo potente lo spingono ad elevarsi sopra a leggi giuste o a crearne di tiranniche. Direi infine che la miseria dei cittadini non è altra cosa se non il delitto dei governanti. Ma pongo la base del mio sistema su un solo ragionamento.

Il governo è istituito per far rispettare la volontà generale; gli uomini che governano hanno invece una volontà individuale e sappiamo che ogni volontà tende in sé a prevalere. Ora, se essi impiegano per questo scopo la forza pubblica di cui dispongono, il governo non è che il flagello della libertà. Concludete, dunque, che il primo fine di ogni costituzione dev’essere di difendere la libertà pubblica e individuale contro il governo stesso.

E’ precisamente questo problema che i legislatori hanno dimenticato; si sono occupati tutti della potenza del governo, nessuno si è preoccupato dei mezzi per riportarlo alla sua funzione istituzionale. Hanno preso infinite precauzioni contro l’insurrezione del popolo e hanno invece incoraggiato con tutto il loro potere la risolta dei suoi rappresentanti. Ne ho già indicato le ragioni: l’ambizione, la forza e la perfidia sono stati i legislatori del mondo. Hanno asservito perfino la ragione umana depravandola e l’hanno resa complice delle misere condizioni dell’uomo. Il dispotismo ha prodotto la corruzione dei costumi e la corruzione dei costumi ha sostenuto il dispotismo. In questo stato di cose toccherà a chi ha venduto l’anima al più forte legittimare l’ingiustizia e condividere la tirannia. Allora la ragione non sarà più che follia; l’eguaglianza, anarchia; la libertà, disordine; la Natura, chimera; il ricordo dei diritti dell’umanità, rivolta. Allora ci saranno delle Bastiglie e dei patiboli per la virtù, dei palazzi per la corruzione, dei tiranni e dei carri trionfali per il crimine. Allora ci saranno dei re, dei preti, dei nobili, dei borghesi, delle canaglie: ma non ci sarà più popolo, non ci saranno più uomini.

Avete visto tutto questo anche tra i legislatori, costretti dal progresso dell’informazione pubblica a rendere qualche omaggio ai princìpii. Avete visto come hanno impiegato la loro abilità per eluderli quando non si accordavano più con i loro interessi personali. Avete visto se non hanno fatto altro che variare le forme del dispotismo e le sfumature dell’aristocrazia. Hanno fastosamente proclamato la sovranità del popolo e subito dopo l’hanno incatenato; pur riconoscendo pienamente che i governanti sono dei mandatari li hanno trattati come dei padroni e degli idoli. Tutti si sono trovati d’accordo nel supporre il popolo insensato e ribelle e i funzionari pubblici essenzialmente saggi e virtuosi. Senza cercare degli esempi presso le nazioni straniere, ne potremmo trovare di molto vistosi nel seno stesso della nostra rivoluzione e nella condotta delle legislature che ci hanno preceduti. Avete visto con quanto servilismo esse incensassero la regalità, con quanta imprudenza predicassero una cieca fiducia nei funzionari pubblici più corrotti, con quale insolenza avvilissero il popolo, con quale barbarie lo assassinassero. Avete visto invece da che parte stavano le virtù civiche. Ricordate i sacrifici generosi della povertà e la vergognosa avarizia dei ricchi; ricordate la sublime devozione dei soldati ed i tradimenti infami dei generali; il coraggio invincibile, la generosa pazienza del popolo e il turpe egoismo, la perfidia odiosa dei suoi mandatari.

Ma non dobbiamo stupirci troppo di tante ingiustizie. Uscendo da una così profonda corruzione, come avrebbero potuto essi rispettare l’umanità, amare l’uguaglianza, credere nella virtù? Poveri sventurati! Stiamo innalzando un tempio alla libertà con le mani ancora marchiate dai ferri della schiavitù. Che cos’era la nostra precedente educazione se non una lezione continua di egoismo e di sciocca vanità? Quali erano le nostre usanze e le nostre così dette leggi se non il codice della prepotenza e dello squallore dove il disprezzo degli uomini era sottoposto a una specie di tariffa e graduato secondo regole tanto varie quanto stravaganti? Disprezzare ed essere disprezzati; arrampicarsi per dominare, di volta in volta schiavi e tiranni; ora in ginocchio davanti ad un padrone, ora calpestando il popolo sotto i piedi, quello era il nostro destino, quella era la nostra ambizione, noi tutti quanti eravamo, uomini di buona nascita, uomini di buona educazione, gente onesta, gente come si deve, uomini di legge o di finanza, uomini di toga o uomini di spada.

C’è dunque da meravigliarsi se degli stupidi mercanti, dei borghesi egoisti conservano ancora nei confronti degli artigiani quel disprezzo insolente che i nobili riservano ai borghesi e a quegli stessi mercanti? Ah che nobile orgoglio! Ah che bella educazione! Ecco perché sono stati ostacolati i grandi destini del mondo. Ecco perché il seno della patria è stato lacerato dai traditori. Ecco perché i feroci satelliti dei despoti di tutta Europa hanno distrutto le nostre messi, incendiato le nostre città, massacrato le nostre donne e i nostri bambini. E’ già stato sparso il sangue di trecentomila francesi; il sangue di altri trecentomila dovrà scorrere ancora perché il semplice operaio possa sedere al senato a fianco del ricco mercante di grano, perché l’artigiano possa votare nelle assemblee del popolo al fianco dell’illustre negoziante o del presuntuoso avvocato e perché il povero onesto e intelligente possa conservare la sua dignità di uomo in presenza del ricco imbecille e corrotto? Insensati! Che cercate dei padroni per paura di avere degli eguali, credete che i tiranni esaudiranno tutti i calcoli della vostra triste vanità, della vostra oscena cupidigia? Credete che il popolo ha conquistato la libertà, che ha versato il sangue per la patria mentre voi dormivate su morbidi letti o cospiravate nelle tenebre, si lascerà incatenare, affamare, sgozzare da voi?

No! Se non rispettate né l’umanità, né la giustizia, né l’onore, conservate almeno qualche cura dei vostri tesori che non hanno niente da temere se non la miseria pubblica che voi aggravate con tanta imprudenza. Ma quale argomento può commuovere degli schiavi ambiziosi? La voce della verità che tuona nei cuori corrotti somiglia ai suoni che echeggiano nelle tombe e che non possono risvegliare i cadaveri.

Voi dunque, a cui la libertà, a cui la patria è cara, assumetevi, voi soli, il compito di salvarla; e poiché il momento in cui l’interesse incalzante della sua difesa che sembra esigere tutta la vostra attenzione, è quello stesso nel quale si sta innalzando in gran fretta l’edificio della Costituzione di un grande popolo, fondatelo almeno sulla base eterna della verità. Ponete all’inizio questa incontestabile massima: che il popolo è buono e che i suoi delegati sono corrompibili; che bisogna cercare una difesa contro il vizi e il dispotismo del governo nella virtù e nella sovranità del popolo.
Da questo principio incontestabile traiamo ora delle conseguenze pratiche, che sono le basi stesse della nostra Costituzione Libera.

Cominciate con il moderare il potere dei funzionari. Sino ad oggi i politici che hanno fatto qualche sforzo, se non per difendere la libertà, almeno per moderare la tirannia, non hanno saputo escogitare che due mezzi per raggiungere questo scopo: l’equilibrio trai poteri e il tribunato.

Quanto all’equilibrio tra i poteri, noi siamo stati vittime di questa illusione in un tempo in cui la moda sembrava esigere da noi questo omaggio ai nostri vicini, un tempo in cui l’eccesso della nostra personale degradazione ci spingeva ad ammirare tutte le istituzioni straniere che ci offrivano qualche pallida immagine della libertà. Ma se si riflette solo un momento ci si accorge che questo equilibrio non è che una chimera o un flagello che supporrebbe la nullità completa del governo se non conducesse, invece, senza scampo a una lega dei poteri rivali contro il popolo. E’ chiaro infatti che essi preferirebbero accordarsi fra loro anziché appellarsi al sovrano per decidere della loro causa.

Ne è testimone l’Inghilterra dove l’oro e il potere del monarca fanno costantemente pendere la bilancia dalla stessa parte, dove lo stesso partito d’opposizione sollecita, di tanto in tanto, la riforma della rappresentanza nazionale solo per allontanarla, d’accordo con la maggioranza che apparentemente combatte. Una specie di governo mostruoso dove le virtù pubbliche non sono che una scandalosa parata, dove la legge consacra il dispotismo, dove i diritti del popolo sono oggetto di un aperto mercato, dove la corruzione è priva del freno stesso del pudore.

Ma che ci importa delle combinazioni che bilanciano il potere dei tiranni? E’ la tirannia che bisogna estirpare; non è nelle liti tra i loro padroni che i popoli devono cercare il sollievo di respirare per qualche istante. E’ nella loro stessa forza che deve essere posta la garanzia dei loro diritti.

Per la stessa ragione io non sono un sostenitore dell’istituzione del Tribunato; la storia non mi ha insegnato a rispettarlo. Io non affido la difesa di una causa tanto grande a degli uomini deboli e comprabili. La protezione dei tribuni presuppone la schiavitù del popolo. Non mi piace che il popolo romano si ritiri sul Monte Sacro per chiedere dei protettori a un Senato dispotico e a dei Patrizi insolenti; voglio che resti a Roma e che ne scacci tutti i suoi tiranni. Io odio quanto gli stessi patrizi e disprezzo molto di più questi tribuni ambiziosi, questi vili mandatari del popolo, che vendono ai grandi di Roma i loro discorsi e i loro silenzi; che qualche volta l’hanno difeso solo per commerciare la sua libertà con i suoi oppressori.

Uno solo è il tribuno del popolo che io posso accettare, è il popolo stesso. E’ a ciascuna sezione della Repubblica francese che io rinvio il potere tribunizio; ed è facile organizzarlo tenendolo egualmente lontano dalle tempeste della democrazia assoluta e dalla perfida tranquillità del dispotismo rappresentativo.

Ma prima di costruire le dighe che devono difendere la libertà pubblica dagli eccessi dei poteri dei Ministri, cominciamo a ridurlo entro giusti limiti.

1° - una prima regola per raggiungere questo scopo è che la durata del loro potere sia corta, applicando questo principio soprattutto a quelli la cui autorità è più estesa.

2° - che nessuno possa esercitare contemporaneamente più magistrature;

3° - che il potere sia diviso: è meglio moltiplicare i funzionari pubblici che affidare ad alcuni un’autorità troppo pericolosa;

4° - che il potere legislativo e l’esecutivo siano separati con cura;

5° - che le diverse branche dell’esecutivo siano a loro volta il più possibile distinte, secondo la natura stessa degli affari, ed affidate a mani diverse.

Uno dei difetti più gravi dell’amministrazione attuale è l’estensione troppo ampia di ciascun dipartimento ministeriale in cui sono stipate diverse branche dell’amministrazione, di natura molto diversa fra loro

Il Ministero dell’Interno, soprattutto, così come ci si è ostinati fin ora a conservarlo, provvisoriamente, è un mostro politico che avrebbe, provvisoriamente, divorato la nascente repubblica se la forza dello spirito pubblico animato dalla rivoluzione, non l’avesse difesa contro i vizi dell’istituzione e contro quelli degli individui.

Del resto se non riuscirete ad impedire che i depositari del potere esecutivo siamo dei magistrati molto potenti, allontanate, almeno, da loro ogni autorità e ogni influenza estranea alle loro funzioni.

Non permettete che per tutta la durata della loro carica essi assistano e votino nelle assemblee di popolo; applicate la stessa regola per i funzionari pubblici in generale. Tenete lontano dalle loro mani il tesoro pubblico e consegnatelo invece a dei depositari e custodi che non possano partecipare ad alcuna altra specie di autorità.

Nei dipartimenti lasciate nella mani del popolo quella porzione di tributi pubblici che non sarà necessario versare alla cassa generale; e che le spese siano pagate sul luogo ogni volta che sia possibile.

Guardatevi bene dal consegnare a quelli che governano, delle somme straordinarie con qualsiasi pretesto vi vengano richieste particolarmente col pretesto di formare l’opinione pubblica.

Tutte le manipolazioni dell’opinione pubblica non producono che veleni; noi ne abbiamo fatto di recente crudele esperienza e il primo saggio di questo stravagante sistema non ci può inspirare una gran fiducia nei suoi inventori. Tenete sempre presente che spetta all’opinione pubblica di giudicare gli uomini di governo e non a questi di costruire e dominare l’opinione pubblica.

Ma c’è un mezzo generale e non meno salutare per diminuire il potere dei governanti a vantaggio della libertà e della felicità dei popoli. Esso consiste nell’applicazione di questa massima, enunciata nella dichiarazione dei diritti che io vi ho proposto: “La legge può vietare soltanto ciò che nuoce alla società; essa può imporre soltanto ciò che le è utile”.

Fuggite l’antica mania dei governanti di voler troppo governare; lasciate agli individui, lasciate alle famiglie il diritto di fare ciò che non porta danno agli altri; lasciate i comuni di regolare da soli i loro affari in ogni campo che non riguardi essenzialmente l’amministrazione generale della Repubblica. In una parola: restituite alla libertà individuale tutto ciò che non appartiene per natura all’autorità pubblica e avrete, con ciò, lasciato molto minor spazio all’ambizione e all’arbitrio.

Rispettate soprattutto l’autorità del popolo sovrano nelle assemblee primarie. Ad esempio, sopprimendo quell’enorme codice che intralcia ed annulla il diritto di votare col pretesto di regolarlo, priverete di armi molto pericolose l’intrigo e il dispotismo dei direttori e delle legislature, così come, semplificando il codice civile, abbattendo la feudalità, le decime e tutto il gotico edificio del diritto canonico è stato notevolmente ristretto il dominio del dispotismo giudiziario. Ma per quanto siano utili tutte queste precauzioni non avete ancora fatto nulla se non ostacolerete la seconda parte di abuso che ho indicato, cioè l’indipendenza del governo.

La costituzione deve preoccuparsi soprattutto di sottomettere i funzionari pubblici ad un’ampissima responsabilità ponendoli alla reale dipendenza non di singoli individui, ma del popolo sovrano.

Chi non dipende dagli uomini diventa ben presto indipendente dai suoi doveri e l’impunità è la madre, la salvaguardia del crimine mentre il popolo, di cui si ha paura, continua ad essere in catene.

Ci sono due specie di responsabilità, una che possiamo chiamare morale e l’altra fisica.

La prima riguarda principalmente la pubblicità; ma è sufficiente che la Costituzione assicuri la pubblicità delle operazioni o delle deliberazioni del governo? No, bisogna darle ancora tutta l’estensione possibile. La nazione intera ha il diritto ad essere informata sulla condotta dei suoi mandatari. Bisognerebbe – se fosse possibile – che l’assemblea dei delegati deliberasse in presenza di tutti i francesi. Il luogo delle sedute del corpo legislativo dovrebbe essere un edificio fastoso e maestoso, aperto a dodicimila persone. Sotto gli occhi di un così gran numero di testimoni né la corruzione, né l’intrigo, né la perfidia oserebbero mostrarsi; sarebbe consultata la sola volontà generale; sarebbe ascoltata solo la voce della ragione e dell’interesse pubblico. Ma l’ammissione di solo qualche centinaio di spettatori, stipati in un locale stretto e scomodo, offre una pubblicità proporzionata all’immensità della nazione? Soprattutto quando una folla di operai comprati intimorisce il corpo legislativo per bloccare o alterare la verità mediante resoconti falsi che poi vengono diffusi in tutta la repubblica?

Che succederebbe se i deputati stessi trascurassero la piccola parte di pubblico presente; se tendessero a classificare gli uomini in due specie differenti, gli abitanti del loro collegio elettorale e tutti gli altri, se denunciassero continuamente i testimoni della loro condotta ai lettori dei loro pamphlets per rendere la pubblicità non solo inutile, ma addirittura funesta alla libertà?

Gli uomini superficiali non si renderanno mai conto di quanto sia stata grande l’influenza del locale che ha ospitato il corpo legislativo, né i furfanti non lo ammetteranno mai. Ma i consapevoli amici del bene pubblico hanno visto con indignazione che la prima legislatura, dopo aver invocato l’attenzione pubblica attorno a sé per resistere alla corte, ha cominciato a sfuggirla con tutti i mezzi quando ha voluto allearsi alla Corte contro il popolo; che, dopo essersi praticamente nascosta all’Arcivescovado per approvare la legge marziale, s’è rinchiusa dentro al Maneggio, circondandosi di baionette, per ordinare il massacro dei migliori cittadini al Campo di Marte, salvare lo spergiuro Luigi e minare i fondamenti della libertà.
I suoi successori si sono ben guardati dall’uscirne; i re e i funzionari di polizia regi avevano fatto costruire in pochi giorni una magnifica sala dell’Opera e, a vergogna della ragione umana, sono passati quattro anni prima che si preparasse una nuova sede per la rappresentanza nazionale. Ma che dico, quella in cui essa si accinge ad entrare è più favorevole alla pubblicità dei lavori e più degna della nazione? No; tutti gli osservatori si sono accorti che è stata sistemata con notevole intelligenza dallo stesso spirito dell’intrigo, sotto gli auspici di un ministro perverso, per sottrarre i mandatari alla vista del popolo.

In questo senso sono stati, anzi, fatti addirittura dei prodigi: si è finalmente trovato, dopo tante ricerche, il segreto per escludere il pubblico pur ammettendolo; che esso possa assistere alle sedute, ma che non possa sentire nulla, se non nel piccolo spazio riservato alle persone come si deve e ai giornalisti; che sia, insomma, allo stesso tempo presente e assente. I poteri si meraviglieranno dell’indifferenza con cui una grande nazione ha sopportato così a lungo le sporche e grossolane manovre che compromettevano la sua dignità, la sua libertà e la sua sicurezza.

Quanto a me, penso che la Costituzione non debba limitarsi ad ordinare che le sedute del corpo legislativo e delle autorità costituite siano pubbliche, ma che debba preoccuparsi anche dei mezzi per garantire la massima pubblicità; che debba impedire ai mandatari di influire sulla composizione dell’uditorio e di ridurre arbitrariamente l’estensione dello spazio riservato al popolo. Essa deve tener presente che il corpo legislativo risiede in seno ad un’immensa popolazione e delibera sotto gli occhi di una infinita moltitudine di cittadini.

Il principio della responsabilità morale esige ancora che gli agenti del governo, a scadenze determinate e assai ravvicinate rendano conti esatti e circostanziati della loro gestione; che questi conti siano resi pubblici attraverso la stampa e sottoposti al controllo di tutti i cittadini, che siano inviati, perciò, a tutti i dipartimenti a tutte le amministrazioni e a tutti i comuni.

A sostegno della responsabilità morale si deve allargare la responsabilità fisica che è, in ultima analisi, la più sicura guardiana della libertà e consiste nella punizione dei funzionari pubblici prevaricatori.

Un popolo i cui mandatari non debbono rendere conto a nessuno della loro gestione, non ha una Costituzione. Un popolo i cui mandatari devono rendere conto della loro gestione solo a degli altri mandatari inviolabili, non ha una Costituzione. Dipende da questi, infatti, di tradirlo impunemente o di lasciarlo tradire da altri. Se è questo il senso che si attribuisce al governo rappresentativo, confesso che faccio miei tutti gli anatemi pronunciati contro di esso da Gian Giacomo Rousseau. Del resto questa espressione come molte altre ha bisogno di essere spiegata; o piuttosto invece di definire il governo francese è molto più importante costituirlo.

In ogni Stato Libero i delitti pubblici dei magistrati debbono essere puniti tanto severamente e facilmente quanto i delitti privati dei cittadini e il potere di reprimere gli attentati del governo deve ritornare al popolo sovrano.

Io so che il popolo non può esercitare di continuo le funzione di giudice. Non è questo che voglio; ma voglio ancora meno che i suoi delegati siano dei despoti al di sopra delle leggi. Si può risolvere il problema che segnalo con delle misure semplici di cui vi espongo ora la teoria.

1°) – Io voglio che tutti i funzionari pubblici, eletti dal popolo, possano essere da lui revocati, nelle forme che saranno stabilite, senz’altro motivo che il diritto imprescrittibile che gli appartiene di revocare i suoi mandatari.

2°) – E’ naturale che il corpo incaricato di fare le leggi sorvegli coloro che sono incaricati di farle eseguire. I membri degli uffici esecutivi saranno perciò tenuti a rendere conto della loro gestione al corpo legislativo. In caso di prevaricazione esso, però, non potrà punirli, perché non si deve concedergli questo mezzo di impadronirsi del potere esecutivo, ma li accuserà davanti ad un tribunale popolare la cui unica funzione sarà di giudicare le prevaricazioni dei funzionari pubblici. I membri del corpo legislativo non potranno essere perseguitati da questo tribunale a motivo delle opinioni che abbiano manifestato nelle assemblee, ma soltanto per fatti positivi di corruzione e di tradimento di cui potessero essere accusati. I delitti ordinari che dovessero commettere sarebbero di competenza dei tribunali ordinari.

Allo scadere delle loro funzioni, i membri della legislatura e gli agenti o i ministri dell’esecutivo potranno essere deferiti al giudizio solenne dei loro committenti. Il popolo dichiarerà semplicemente se essi hanno conservato o perduto la sua fiducia. Il giudizio negativo comporterà l’interdizione a ricoprire qualunque ulteriore funzione. Il popolo non emetterà pene più gravi e, se i mandatari si saranno resi colpevoli di qualche delitto particolare e formale potrà rinviarli davanti al tribunale costituito per punirli.

Queste disposizioni si applicheranno egualmente ai membri del tribunale popolare.

Per quanto sia necessario controllare i magistrati, non è meno importante sceglierli bene.

E’ su questa doppia base che si deve fondare la libertà.

Tenete presente che, nel governo rappresentativo, nessuna norma Costituzionale è tanto importante quanto quelle che garantiscono la correttezza delle elezioni.

Qui io vedo diffondersi delle tesi profondamente sbagliate; qui mi accorgo che si dimenticano i primi principi del buon senso e della libertà per inseguire delle vane astrazioni metafisiche. Per esempio, si vuole che l’elezione di ogni singolo funzionario pubblico avvenga mediante votazione in tutto il territorio della Repubblica così che l’uomo di meriti e di virtù conosciuto solo nella contrada in cui abita non possa essere chiamato a rappresentare i suoi compatrioti mentre i ciarlatani famosi, che non sono sempre i migliori cittadini né gli uomini più illuminati, o gli intriganti sostenuti da un partito che domina in tutta la repubblica, siano perpetuamente ed esclusivamente i necessari rappresentanti del popolo francese.

Ma, nello stesso tempo, si incatena il popolo sovrano con delle regole tiranniche; dappertutto lo si disgusta e si allontanano i sanculotti con complicate formalità. Che dico? Si cacciano via affamandoli perché non ci si sogna neppure di indennizzarli del tempo che essi sottraggono al sostentamento delle loro famiglie per consacrarlo agli affari pubblici.

Ecco, dunque, i princìpi a difesa della libertà che la Costituzione deve mantenere. Tutto il resto non è che ciarlataneria, intrigo e dispotismo. Fate in modo che il popolo possa assistere alle assemblee pubbliche; perché lui solo è il sostegno della libertà e della giustizia; gli aristocratici e gli intriganti ne sono il flagello.

Che importa che la legge renda un omaggio ipocrita alla eguaglianza dei diritti se la più imperiosa di tutte le leggi, la necessità, costringe la parte più sana e numerosa del popolo, a rinunciarvi? Che la patria indennizzi l’uomo che vive del suo lavoro quando assiste alle assemblee pubbliche; che essa stipendii, per la stessa ragione, in modo proporzionato tutti i funzionari pubblici; che le regole delle elezioni e le forme delle deliberazioni siano le più semplici, più abbreviate possibile, che tutte le date delle assemblee siano fissate nelle epoche più comode per la parte lavoratrice della nazione.

Che si deliberi a voce alta; la pubblicità è il sostegno della virtù, la salvaguardia della verità, il terrore del delitto, il flagello dell’intrigo. Lasciate le tenebre e lo scrutinio segreto ai criminali e agli schiavi. Gli uomini liberi vogliono che il popolo sia testimone dei loro pensieri. Questo metodo forma i cittadini e le virtù repubblicane. Esso conviene ad un popolo che ha appena conquistato la libertà e che combatte per difenderla. Quando cessa di convenirgli, la repubblica non esiste più.

Per giunta, ripeto, che il popolo nelle assemblee sia completamente libero: la Costituzione può stabilire solo queste regole generali, necessarie per bandire l’intrigo e mantenere la libertà; ogni altro impaccio è solo un attentato alla sua sovranità.

Soprattutto che nessuna autorità costituita si immischi mai nel suo ordine interno, o nelle se deliberazioni.

Con ciò avrete risolto il problema, ancora incerto, dell’economia popolare collocando nella virtù del popolo e nella sua autorità di sovrano il contrappeso necessario alle ambizioni dei funzionari e ala tendenza dei giovani alla tirannia.

Non dimenticate, del resto, che la solidità stessa della Costituzione si basa su tutte le istituzioni, su tutte le leggi particolari di un popolo; comunque si voglia chiamarle, essa si basa sulla bontà dei costumi e sulla conoscenza profonda dei diritti sacri dell’uomo.

La Dichiarazione dei Diritti è la Costituzione di tutti i popoli; le altre leggi sono per loro natura mutevoli e subordinate a quella. Che essa sia sempre presente a tutti gli spiriti, che splenda all’inizio del vostro codice di diritto costituzionale; che il primo articolo di questo codice sia la garanzia formale di tutti i diritti dell’uomo. Che il secondo dichiari che qualsiasi legge che li ferisca è tirannica e nulla; che essa Dichiarazione sia portata con solennità nelle vostre cerimonie pubbliche, che colpisca lo sguardo del popolo in tutte le sue assemblee, in tutti i luoghi dove risiedono i suoi mandatari, che sia scritta sui muri delle nostre case; che sia il primo insegnamento dato dai padri ai loro figli.

Mi si domanderà forse in che modo, con delle precauzioni tanto sicure contro i magistrati, io possa assicurare l’obbedienza alle leggi e al governo. Rispondo che io l’assicuro abbondantemente proprio per quelle stesse precauzioni. Rendo alle leggi ed al governo tutta la forza che sottraggo ai vizi degli uomini che governano e che fanno le leggi.

Il rispetto che ispira il magistrato dipende molto di più dal rispetto che egli stesso porta alle leggi che dal potere che usurpa; e la potenza delle leggi sta molto meno nella forza militare che la sostiene che la loro concordanza con i principi della giustizia e con la volontà generale.

Quando una legge ha per principio l’interesse pubblico, essa ha il popolo stesso come sostegno e la sua forza è la forza di tutti i cittadini di cui essa è l’opera e la proprietà. La volontà generale e la forza pubblica hanno un’origine comune. La forza pubblica è per il corpo politico ciò che per il corpo umano è il braccio che esegue spontaneamente ciò che la volontà comanda e respinge tutti gli oggetti che possono minacciare il cuore o la testa.

Quando la forza pubblica non fa che secondare la volontà generale, lo Stato è libero e pacifico; quando la contraria, lo Stato è asservito e in tumulto.

La forza pubblica è in contraddizione con la volontà generale in due casi: o quando la legge non corrisponde alla volontà generale; o quando il magistrato la usa per violare la legge. Ed è questa l’orribile anarchia che i tiranni hanno imposta in tutte le epoche con i nomi di tranquillità, di ordine pubblico, di legislazione e di governo: tutta la loro abilità consiste nell’isolare e reprimere con la forza i cittadini per asservirli ai loro odiosi capricci che abbelliscono con il nome di legge. Legislatori, fate delle leggi giuste; magistrati, fatele eseguire religiosamente ; che sia qui tutto il vostro impegno politico e offrirete al mondo uno spettacolo sconosciuto: quello di un grande popolo libero e virtuoso.

Art. 1 – La Costituzione garantisce a tutti i Francesi i diritti imprescrittibili dell’uomo e del cittadino enunciati nella precedente dichiarazione.

Art. 2 – Essa dichiara tirannico e nullo qualsiasi atto legislativo o di governo che li violi.

Art. 3 – La Costituzione Francese riconosce come solo governo legittimo quello repubblicano, né altra repubblica se non quella fondata sulla libertà e sull’uguaglianza.

Art. 4 – La Repubblica Francese è una e indivisibile.

Art. 5 – La sovranità risiede esclusivamente nel Popolo Francese. Tutti i funzionari pubblici sono i suoi mandatari; esso li può revocare nello stesso modo in cui li ha eletti.

Art. 6 – La Costituzione non riconosce altro potere che quello del popolo sovrano. Le diverse porzioni di autorità esercitate dai singoli magistrati non sono che funzioni pubbliche che esso delega loro per il vantaggio comune.

Art. 7 – La popolosità e l’estensione della Repubblica costringono il popolo Francese, per esercitare la propria sovranità, a dividersi in sezioni; ma i suoi diritti non sono né meno reali né meno sacri che se deliberasse al completo, in un’assemblea unica.
Di conseguenza nessuna sezione del (popolo) sovrano può essere sottomessa né influenzata, né agli ordini di alcuna autorità costituita e i mandatari che attentino sia alla libertà, sia alla sicurezza, sia alla dignità di una porzione del popolo sono colpevoli di ribellione contro il popolo intero.

Art. 8 – Affinché l’ineguaglianza dei beni non distrugga l’uguaglianza dei diritti, la Costituzione vuole che i cittadini che vivono del loro lavoro siano indennizzati per il tempo che consacrano agli affari pubblici nelle assemblee del popolo dove la legge li chiama.

Art. 9 – La durata delle funzioni dei mandatari del popolo non può eccedere i due anni.

Art. 10 – Nessuno può esercitare contemporaneamente due incarichi pubblici.

Art. 11 – Le funzioni esecutive, le funzioni legislative e le funzioni giudiziarie sono separate.

Art. 12 – La Costituzione non vuole che la legge ostacoli la libertà individuale se non a vantaggio del bene pubblico; essa lascia ai cittadini comuni il diritto di regolare i loro affari in ogni campo che non riguardi l’amministrazione generale della Repubblica.

Art. 13 – Le deliberazioni dei corpi legislativi e di tutte le autorità costituite saranno rese in pubblico; la Costituzione esige la massima pubblicità possibile. Il corpo legislativo deve tenere le sue sedute in un luogo in cui possano trovare posto dodicimila spettatori.

Art. 14 – Ogni funzionario pubblico è responsabile nei confronti del popolo.

Art. 15 – Sarà istituito un tribunale con l’unica funzione di giudicare delle loro prevaricazioni.

Art. 16 – I membri del corpo legislativo non potranno essere perseguiti da nessun tribunale costituito a causa delle opinioni che avranno espresso nell’assemblea: ma allo scadere delle loro funzioni la loro condotta sarà solennemente giudicata dal popolo che li aveva eletti. Il popolo si pronuncerà soltanto su questo punto: questo cittadino ha corrisposto o no alla fiducia di cui il popolo lo aveva onorato?

Art. 17 – I fatti concreti di corruzione e di tradimento che potessero essere imputati ai funzionari pubblici, di cui si è parlato nei due articoli precedenti, saranno giudicati dal tribunale popolare e i loro delitti privati dai tribunali ordinari.

Art. 18 – Tutti i membri del corpo legislativo e tutti i membri degli uffici esecutivi saranno tenuti a rendere conto delle loro ricchezze entro due anni dallo spirare della loro carica.

Art. 19 – Quando i diritti del popolo siano violati da un atto legislativo o esecutivo, ogni dipartimento potrà deferire l’esame al resto della Repubblica; e nel termine che sarà stabilito, le assemblee primarie si riuniranno per manifestare la loro opinione su questo punto.

Art. 20 – La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino sarà collocata nella posizione più in vista nei luoghi in cui le autorità costituite terranno le loro sedute; sarà portata, in forma solenne, in tute le cerimonie pubbliche e costituirà il primo oggetto dell’istruzione pubblica.


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