sabato 4 novembre 2017

FRA I 700 ED I 1000 (MILLE) MILIARDI DI € SOTTRATTI AL FISCO OGNI ANNO

Bene, abbiamo finalmente scoperto che le banche praticano usura penale, e tutte le indagini delle Procure italiane dimostrano che finalmente qualcuno si sta muovendo contro questi illeciti gravissimi che servono solo ad impoverire correntisti ed aziende, portandole sull’orlo del baratro.
Sono sempre maggiori le cause intentate contro le banche, a cui seguono sentenze di condanna pesantissime. Ma è bene sapere che le banche prima ti fanno spendere denari per intentare una causa, poi arrivano ad un accordo poco prima della sentenza, perchè non possono permettersi di essere troppo condannate: scatenerebbero una serie infinita di denunce e di risarcimenti che toglierebbe loro liquidità, potere, e se dovessero pagare per tutte le malefatte messe in essere sarebbero già tutte fallite.
Ma le banche non si accontentano di rubare ai cittadini, rubano allo Stato, con il suo beneplacito.
Guardiamo in faccia alla realtà: mentre banchieri stile Mario Draghi ripetono che il problema dei debiti pubblici degli Stati è dovuto a quella che io chiamo “evasione di sopravvivenza” (già, perchè se le tasse fossero ad un livello abbordabile non ci sarebbe questa necessità per poter mangiare), la verità è che i MAGGIORI EVASORI SONO PROPRIO LE BANCHE.
Con un meccanismo molto semplice.
Nei propri bilanci le banche segnano i depositi ed i conti correnti al passivo.
Ciò non avrebbe alcun senso (come se il gestore di un garage iscrivesse al passivo le automobili parcheggiate!) se non fosse fondamentale per occultare il reale funzionamento delle banche stesse: solo mettendo al passivo i depositi nello stato patrimoniale si nasconde la voragine di attivo (determinato nel tempo da un impressionante margine operativo lordo tra gli impieghi con i loro interessi –da una parte- ed i soli costi di funzionamento con gli interessi sui depositi, dall’altra).
Il margine operativo (impieghi più interessi attivi meno costi e interessi passivi, sarebbe superiore al 90% e, in assenza di sofferenze (crediti divenuti definitivamente inesigibili o che non rientrano come previsto durante l’esercizio), sottoponibile a tassazione.
Storicamente, i banchieri (e chi per loro) hanno sempre evitato più della peste che si capisse come funzionano le banche.
Il motivo è molto semplice: mantenendo nel bilancio solo interessi e altri costi, ma non le somme depositate dai clienti (a qualsiasi titolo), tutto il margine operativo di queste istituzioni creditizie emergerebbe in piena evidenza; conseguentemente dovrebbero pagare tasse elevate e, soprattutto, risulterebbe troppo chiaro come il credito potrebbe venir gestito con tassi di interessi negativi senza dar luogo a “sofferenze” (perdite), ma solo a mancati arricchimenti.
Per far quadrare il bilancio, poichè in realtà le banche hanno molte più attività delle passività cioè hanno molti più crediti (prestiti, investimenti) che debiti (depositi) devono in qualche modo far quadrare il bilancio. In sostanza, si fanno falsi bilanci, che nessuno può controllare al di fuori di Bankitalia, quale Istituto di Vigilanza. E’ come se le stesse banche private controllassero i loro stessi bilanci. I veri banchieri, quelli che fanno i soldi, sono quelli delle banche private; la BC (Bankitalia) o la BCE (Banca Centrale Europea) sono solo lo strumento di copertura che i banchieri privati, utilizzano per proteggersi.
Esistono esempi eclatanti di evasione fiscale bancaria, tutte chiuse con patteggiamenti con il fisco, colluso, e versamenti di circa il 20% del dovuto, quando va bene.
Ma avete idea dell’importo non versato? Ve lo dico io. Si è parlato di un “tesoretto” tra 4 e 5 miliardi, questo calcolato solo fino al 2012, che si trova nei forzieri delle banche. Si tratta di denaro che gli istituti italiani dovrebbero versare allo Stato per imposte non pagate e per operazioni finanziarie sospette, finalizzate ad eludere il fisco.
Nella partita tra le banche e il fisco chi perde è lo Stato.
Il caso più eclatante è di Unicredit, che ha già staccato un assegno all’Agenzia delle Entrate di 264 milioni di euro per 246 milioni di tasse non pagate, attraverso la sottrazione di 745 milioni di reddito con l’operazione Brontos, nome che deriva da una serie di rapporti intrattenuti tra Piazza Cordusio e la Barclays. Per l’affare è stato rinviato a giudizio l’allora ad di Unicredit, Alessandro Profumo.
Ma non se la passa bene neppure Banca Intesa SanPaolo, per la quale è stato rinviato a giudizio Corrado Passera proprio mentre era Ministro del governo Monti.
Intesa ha dovuto versare allo Stato 270 milioni, a fronte di contestazioni per 1,15 miliardi tra imposte evase, interessi e sanzioni. E la stessa banca ha ricevuto la visita non gradita degli uomini dell’Agenzia, che hanno voluto fare luce sulla controllata Group Service, relativamente all’anno 2009, oltre che su Banca IMI, in relazione a finanziamenti stipulati all’estero e a contratti di finanza strutturata tra il 2008 e il 2010.
perche’ 270 milioni a fronte di 1,15 miliardi di contestazioni fiscali? provate voi a pagare il 20% di quanto vi chiede il fisco e vedete che vi succede.
E il Banco Popolare, invece, eredita dalla ex Popolare di Lodi e Italease una bega fiscale da 391 milioni, che ha dovuto sistemare con lo Stato, mentre alla Ubi Banca sono state contestate omesse ritenute per 13,2 milioni.
Sempre il Fisco ha contestato l’estero-vestizione alla Banca Popolare dell’Emilia Romagna per gli anni 2005 e 2006 e per un importo complessivo di 11,2 milioni, che scenderebbero a 3,2 milioni, considerando il versamento delle imposte nel periodo in Irlanda.
Nel 2011 il Monte dei Paschi di Siena ha fatto un accordo con l’Agenzia delle entrate per chiudere una controversia da un miliardo e cento milioni di euro.
Il fisco contestava alla banca senese di non aver pagato tutte le imposte sugli utili ottenuti attraverso operazioni di compravendita di azioni e di titoli pronti contro termine.
Sono operazioni complesse, sfruttando triangolazioni con l’estero, molte banche hanno pagato le tasse dove era più conveniente, oppure non hanno pagato quasi nulla facendo passare per dividendi quelli che invece erano interessi sicuri e che sono tassati di più.
voi pensate forse che le banche hanno smesso di evadere il fisco? Errore.
Per questo vi rimando a leggere attentamente un articolo che ho scritto sullo scandalo LuxLeaks.Va bene girare per le strade alla ricerca delle targhe di auto di grossa cilindrata, nella speranza (per lo Stato) che appartenga a qualche evasore con il pallino dei motori. Va bene tutto, o quasi. Ma non si capisce perché una banca possa pagare un quarto della cifra contestatale, mentre un imprenditore o un povero cristo comune dovrebbero passeggiare per strada in mutande per Equitalia, mentre le banche non pagano nulla e continuano ad arricchirsi sulle nostre spalle.
Nel 2013 si è messa di traverso anche la Cassazione con una sentenza allucinante: per le banche e le grandi società “ben può parlarsi di una vera e propria impunità fiscale” dato che “l’attuale sistema punitivo, e soprattutto quello volto al recupero dei proventi del reato attraverso la confisca di valore, nella materia dei reati tributari” è “inefficace e evidenzia una disparità di trattamento in riferimento alla previsione della confisca”.
In parole povere, i magistrati non avrebbero armi per sottrarre a banche e società i frutti dell’evasione fiscale. Tutto è partito dallo scandalo Unicredit di cui ho parlato qua sopra.
La procura di Milano aveva sequestrato ad Unicredit 245 milioni di euro “per equivalente”.Una norma cautelare che permette di congelare il presunto provento dell’illecito. La somma era stata liberata dal riesame, ma la procura aveva fatto ricorso in Cassazione. Che ha respinto la richiesta. Ma a sorprendere sono le motivazioni depositate.
Dopo aver evidenziato la mancanza di norme che consentano di confiscare i beni delle banche e delle società il cui management mette in atto operazioni fraudolente a vantaggio societario, la Cassazione ha rilevato che “di conseguenza, la società Unicredit ed i suoi beni non possono essere destinatari di provvedimenti cautelari di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca del profitto dei reati tributari per cui si indaga, pur commessi a suo vantaggio, reati allo stato ascrivibili solo agli indagati persone fisiche. Pur non risultando affatto estranea ai reati tributari”, dicono i supremi giudici, Unicredit “non può essere chiamata, a legislazione vigente, a rispondere per tali reati, in quanto nessuna fonte di legislazione primaria prevede tale titolo di responsabilità”.
Ad avviso della Corte – che passando in rassegna la normativa vigente non ha che potuto respingere il ricorso con il quale la Procura di Milano insisteva nel chiedere il sequestro cautelare dei soldi di Unicredit – le attuali norme, in tema di confisca per i reati tributari societari, violano il “principio di uguaglianza e parità di trattamento” perché danno un vantaggio di impunità alle “persone fisiche di dimensione non modesta”, ossia alle grandi compagini societarie.
“Peraltro risulta evidente – scrive la Cassazione nel suo verdetto affidato alla penna del consigliere Elisabetta Rosi – che la mancanza di una previsione che consenta di poter ritenere la persona giuridica responsabile per gli illeciti penali tributari posti in essere nel suo interesse ed a suo vantaggio, non può essere ritenuta mera conseguenza di una ragionata scelta discrezionale del legislatore”. Insomma, le norme sarebbero un disorganico guazzabuglio.
“Occorre anche notare che ad assetto vigente – prosegue la sentenza – il legislatore italiano ha finito per differenziare, niente affatto ragionevolmente, la fattispecie, anche sotto il profilo dell’aggressione ai patrimoni illeciti, a seconda della natura transnazionale o meno di un reato, con la conseguenza che per quelle indagini su reati tributari compiuti nell’ambito di fenomeni associativi a carattere transnazionale (le frodi ‘carosello’) sarà ravvisabile la responsabilità delle persona giuridica ed operare la confisca per equivalente dei beni della società coinvolta”. “Un analogo provvedimento – conclude la Cassazione – non sarà, invece, possibile nei confronti di una società che, magari a fronte di un ammontare maggiore di imposte evase, non si connoti per la natura transnazionale del consortium sceleris”.
AVETE CAPITO BENE. PER LE BANCHE NON ESISTE EQUITALIA. NON ESISTE NORMA CHE PREVEDA AZIONI DI TUTELA VERSO STATO E CORRENTISTI.
ED INFATTI DI QUEI PROCESSI NESSUNA SENTENZA, PRESCRIZIONE.

VOI CONTINUATE A PAGARE LE TASSE. TANTO C’E’ CHI NON LO FA ED E’ ANCHE TUTELATO.

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