Bene, abbiamo
finalmente scoperto che le banche praticano usura penale,
e tutte le indagini delle Procure italiane dimostrano che finalmente
qualcuno si sta muovendo contro questi illeciti gravissimi che
servono solo ad impoverire correntisti ed aziende, portandole
sull’orlo del baratro.
Sono
sempre maggiori le cause intentate contro le banche, a cui seguono
sentenze di condanna pesantissime. Ma è bene sapere che le
banche prima ti fanno spendere denari per intentare una causa, poi
arrivano ad un accordo poco prima della sentenza,
perchè non possono permettersi di essere troppo condannate:
scatenerebbero una serie infinita di denunce e di risarcimenti che
toglierebbe loro liquidità, potere, e se dovessero pagare per tutte
le malefatte messe in essere sarebbero già tutte fallite.
Ma
le banche non si accontentano di rubare ai cittadini, rubano
allo Stato, con il suo beneplacito.
Guardiamo
in faccia alla realtà: mentre banchieri stile Mario Draghi ripetono
che il problema dei debiti pubblici degli Stati è dovuto a quella
che io chiamo “evasione di sopravvivenza” (già, perchè se le
tasse fossero ad un livello abbordabile non ci sarebbe questa
necessità per poter mangiare), la verità è che i MAGGIORI
EVASORI SONO PROPRIO LE BANCHE.
Con
un meccanismo molto semplice.
Nei
propri bilanci le banche segnano i depositi ed i conti correnti al
passivo.
Ciò
non avrebbe alcun senso (come se il gestore di un garage iscrivesse
al passivo le automobili parcheggiate!) se non fosse fondamentale per
occultare il reale funzionamento delle banche stesse: solo mettendo
al passivo i depositi nello stato patrimoniale si nasconde la
voragine di attivo (determinato nel tempo da un impressionante
margine operativo lordo tra gli impieghi con i loro interessi –da
una parte- ed i soli costi di funzionamento con gli interessi sui
depositi, dall’altra).
Il
margine operativo (impieghi più interessi attivi meno costi e
interessi passivi, sarebbe superiore al 90% e, in assenza di
sofferenze (crediti divenuti definitivamente inesigibili o che non
rientrano come previsto durante l’esercizio), sottoponibile
a tassazione.
Storicamente,
i banchieri (e chi per loro) hanno sempre evitato più della peste
che si capisse come funzionano le banche.
Il
motivo è molto semplice: mantenendo nel bilancio solo
interessi e altri costi, ma non le somme depositate dai clienti (a
qualsiasi titolo), tutto il margine operativo di queste istituzioni
creditizie emergerebbe in piena evidenza; conseguentemente
dovrebbero pagare tasse elevate e, soprattutto, risulterebbe troppo
chiaro come il credito potrebbe venir gestito con tassi di interessi
negativi senza dar luogo a “sofferenze” (perdite), ma solo a
mancati arricchimenti.
Per
far quadrare il bilancio, poichè in realtà le banche hanno
molte più attività delle passività cioè hanno molti più crediti
(prestiti, investimenti) che debiti (depositi)
devono in qualche modo far quadrare il bilancio. In sostanza, si
fanno falsi bilanci, che nessuno può controllare al di
fuori di Bankitalia, quale Istituto di Vigilanza. E’ come
se le stesse banche private controllassero i loro stessi bilanci.
I veri banchieri, quelli che fanno i soldi, sono quelli delle banche
private; la BC (Bankitalia) o la BCE (Banca Centrale Europea) sono
solo lo strumento di copertura che i banchieri privati, utilizzano
per proteggersi.
Esistono
esempi eclatanti di evasione fiscale bancaria, tutte chiuse con
patteggiamenti con il fisco, colluso, e versamenti di circa il 20%
del dovuto, quando va bene.
Ma
avete idea dell’importo non versato? Ve lo dico io. Si è parlato
di un “tesoretto” tra 4 e 5 miliardi, questo calcolato
solo fino al 2012, che si trova nei forzieri delle banche.
Si tratta di denaro che gli istituti italiani dovrebbero versare allo
Stato per imposte non pagate e per operazioni finanziarie
sospette, finalizzate ad eludere il fisco.
Nella
partita tra le banche e il fisco chi perde è lo Stato.
Il
caso più eclatante è di Unicredit, che ha già
staccato un assegno all’Agenzia delle Entrate di 264 milioni di
euro per 246 milioni di tasse non pagate, attraverso la sottrazione
di 745 milioni di reddito con l’operazione Brontos, nome che deriva
da una serie di rapporti intrattenuti tra Piazza Cordusio e la
Barclays. Per l’affare è stato rinviato a giudizio l’allora ad
di Unicredit, Alessandro Profumo.
Ma
non se la passa bene neppure Banca Intesa SanPaolo,
per la quale è stato rinviato a giudizio Corrado Passera
proprio mentre era Ministro del governo Monti.
Intesa
ha dovuto versare allo Stato 270 milioni, a fronte di contestazioni
per 1,15 miliardi tra imposte evase, interessi e sanzioni. E la
stessa banca ha ricevuto la visita non gradita degli uomini
dell’Agenzia, che hanno voluto fare luce sulla controllata Group
Service, relativamente all’anno 2009, oltre che su Banca IMI, in
relazione a finanziamenti stipulati all’estero e a contratti di
finanza strutturata tra il 2008 e il 2010.
perche’
270 milioni a fronte di 1,15 miliardi di contestazioni fiscali?
provate voi a pagare il 20% di quanto vi chiede il fisco e vedete che
vi succede.
E
il Banco Popolare, invece, eredita dalla ex Popolare
di Lodi e Italease una bega fiscale da 391 milioni, che ha dovuto
sistemare con lo Stato, mentre alla Ubi Banca sono
state contestate omesse ritenute per 13,2 milioni.
Sempre
il Fisco ha contestato l’estero-vestizione alla Banca
Popolare dell’Emilia Romagna per gli anni 2005 e 2006 e
per un importo complessivo di 11,2 milioni, che scenderebbero a 3,2
milioni, considerando il versamento delle imposte nel periodo in
Irlanda.
Nel
2011 il Monte dei Paschi di Siena ha fatto un
accordo con l’Agenzia delle entrate per chiudere una controversia
da un miliardo e cento milioni di euro.
Il
fisco contestava alla banca senese di non aver pagato tutte le
imposte sugli utili ottenuti attraverso operazioni di compravendita
di azioni e di titoli pronti contro termine.
Sono
operazioni complesse, sfruttando triangolazioni con l’estero, molte
banche hanno pagato le tasse dove era più conveniente, oppure non
hanno pagato quasi nulla facendo passare per dividendi quelli che
invece erano interessi sicuri e che sono tassati di più.
voi pensate forse che le banche
hanno smesso di evadere il fisco? Errore.
Per
questo vi rimando a leggere attentamente un articolo che ho scritto
sullo scandalo
LuxLeaks.Va bene girare per le strade alla ricerca
delle targhe di auto di grossa cilindrata, nella speranza (per lo
Stato) che appartenga a qualche evasore con il pallino dei motori. Va
bene tutto, o quasi. Ma non si capisce perché una banca possa pagare
un quarto della cifra contestatale, mentre un imprenditore o un
povero cristo comune dovrebbero passeggiare per strada in mutande per
Equitalia, mentre le banche non pagano nulla e continuano ad
arricchirsi sulle nostre spalle.
Nel
2013 si è messa di traverso anche la Cassazione con una sentenza
allucinante: per le banche e le grandi società “ben può
parlarsi di una vera e propria impunità fiscale” dato che
“l’attuale sistema punitivo, e soprattutto quello volto al
recupero dei proventi del reato attraverso la confisca di valore,
nella materia dei reati tributari” è “inefficace e evidenzia una
disparità di trattamento in riferimento alla previsione della
confisca”.
In
parole povere, i magistrati non avrebbero armi per sottrarre
a banche e società i frutti dell’evasione fiscale. Tutto
è partito dallo scandalo Unicredit di cui ho parlato qua sopra.
La
procura di Milano aveva sequestrato ad Unicredit 245 milioni di euro
“per equivalente”.Una norma cautelare che permette di congelare
il presunto provento dell’illecito. La somma era stata liberata dal
riesame, ma la procura aveva fatto ricorso in Cassazione. Che ha
respinto la richiesta. Ma a sorprendere sono le motivazioni
depositate.
Dopo
aver evidenziato la mancanza di norme che consentano di
confiscare i beni delle banche e delle società il cui management
mette in atto operazioni fraudolente a vantaggio societario,
la Cassazione ha rilevato che “di conseguenza, la società
Unicredit ed i suoi beni non possono essere destinatari di
provvedimenti cautelari di sequestro preventivo, finalizzato alla
confisca del profitto dei reati tributari per cui si indaga, pur
commessi a suo vantaggio, reati allo stato ascrivibili solo agli
indagati persone fisiche. Pur non risultando affatto estranea ai
reati tributari”, dicono i supremi giudici, Unicredit “non
può essere chiamata, a legislazione vigente, a rispondere per tali
reati, in quanto nessuna fonte di legislazione primaria prevede tale
titolo di responsabilità”.
Ad
avviso della Corte – che passando in rassegna la normativa vigente
non ha che potuto respingere il ricorso con il quale la Procura di
Milano insisteva nel chiedere il sequestro cautelare dei soldi di
Unicredit – le attuali norme, in tema di confisca per i
reati tributari societari, violano il “principio di uguaglianza e
parità di trattamento” perché danno un vantaggio di impunità
alle “persone fisiche di dimensione non modesta”, ossia alle
grandi compagini societarie.
“Peraltro
risulta evidente – scrive la Cassazione nel suo verdetto affidato
alla penna del consigliere Elisabetta Rosi – che la mancanza di una
previsione che consenta di poter ritenere la persona giuridica
responsabile per gli illeciti penali tributari posti in essere nel
suo interesse ed a suo vantaggio, non può essere ritenuta
mera conseguenza di una ragionata scelta discrezionale del
legislatore”. Insomma, le norme sarebbero un disorganico
guazzabuglio.
“Occorre
anche notare che ad assetto vigente – prosegue la sentenza – il
legislatore italiano ha finito per differenziare, niente affatto
ragionevolmente, la fattispecie, anche sotto il profilo
dell’aggressione ai patrimoni illeciti, a seconda della natura
transnazionale o meno di un reato, con la conseguenza che per quelle
indagini su reati tributari compiuti nell’ambito di fenomeni
associativi a carattere transnazionale (le frodi ‘carosello’)
sarà ravvisabile la responsabilità delle persona giuridica ed
operare la confisca per equivalente dei beni della società
coinvolta”. “Un analogo provvedimento – conclude la Cassazione
– non sarà, invece, possibile nei confronti di una società che,
magari a fronte di un ammontare maggiore di imposte evase, non si
connoti per la natura transnazionale del consortium sceleris”.
AVETE
CAPITO BENE. PER LE BANCHE NON ESISTE EQUITALIA. NON ESISTE NORMA CHE
PREVEDA AZIONI DI TUTELA VERSO STATO E CORRENTISTI.
ED INFATTI DI QUEI PROCESSI NESSUNA SENTENZA, PRESCRIZIONE.
ED INFATTI DI QUEI PROCESSI NESSUNA SENTENZA, PRESCRIZIONE.
VOI
CONTINUATE A PAGARE LE TASSE. TANTO C’E’ CHI NON LO FA ED E’
ANCHE TUTELATO.
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